Vuoi essere avvisato in anticipo dell’organizzazione di eventi, manifestazioni, rassegne, anteprime cinematografiche e film in programma nella tua zona? Manda un email a: piergiorgio.ravasio@email.it Chiunque nella vita avrà sognato o avrà dato il meglio di se stesso per realizzare un desiderio, un’aspirazione particolarmente auspicata, un obiettivo che abbiamo avuto molto a cuore. Chi quello del successo in ambito lavorativo, chi quello di sentirsi realizzato in famiglia oppure negli ambiti legati alle proprie passioni e attività. Quello di Laure, una ragazzina francese di dieci anni, è di vestirsi da maschio, non passare ore davanti allo specchio per truccarsi, giocare a pallone con i ragazzi, indossare capi non proprio femminili e procurarsi un taglio di capelli decisamente mascolino. “Tomboy” (termine inglese che equivale al “maschiaccio” di casa nostra) porta in sala proprio la vicenda di una ragazzina che, con i suoi sogni e le inevitabili difficoltà, riesce, anche se per un breve lasso di tempo, ad essere felicemente se stessa. Seconda prova registica di Céline Sciamma, giovane rivelazione del cinema europeo ma dalle origini nostrane (la sua prima pellicola si intitola “Naissance des pieuvres” e risale all’anno 2007), il suo film diviene un caso vero e proprio in Francia; un’accoglienza entusiastica sia da parte della critica che del pubblico; premi e riconoscimenti vari “per la maestria, la sensibilità e la leggerezza, ma anche per la profondità con cui viene trattato il tema dell’identità sessuale nel tempo dell’infanzia”. Laure con la sorellina Jeanne e genitori al seguito hanno appena terminato l’ennesimo trasloco. Ora si sono trasferiti in un quartiere parigino. Qui la sorella maggiore, quasi per gioco, decide di presentarsi agli amici con il nome di Mickael, proprio come se fosse un maschietto. Nessuno sembra accorgersi di nulla. Tra alcune situazioni divertenti (la scena del bagno al fiume in compagnia di altri ragazzi) e altre decisamente più serie ed impegnative (l’intensa amicizia con Lisa, suggellata da un ingenuo e innocuo bacio), la pellicola, pur con una durata molto contenuta (neanche novanta minuti) ed uno stile asciutto, suscita tenerezza e simpatia, in quanto costruita attorno ad una tematica tanto semplice quanto forte (la storia di un personaggio con un’identità segreta). Nel gioco al travestimento di un ragazzo mancato, l’infanzia viene presentata come l’età dell’innocenza piena di emozioni; l’adolescenza come la ricerca di una propria identità (non necessariamente solo sessuale). Il tutto con dialoghi secchi ma mai insulsi; con quel pizzico di umorismo per ridimensionare situazioni magari un po’ difficili; con svariati primi piani messi in risalto da una fotografia stile anni ’70 con scelte cromatiche forti ed essenziali. Lungi dal voler dare spiegazioni psicologiche e senza spingere il piede sulla curiosità di quali siano le tendenze sessuali della ragazzina, il film non vuole approdare a conclusioni preconfezionate. Volutamente non dà risposte ad un tema che, invece, vuole solo essere presentato con garbo e sensibilità nella sua naturale genuinità. Non c’è giudizio né condanna verso un sistema che, con le sue regole, non ti permette di vivere come vorresti. Solamente l’innocenza di un’età che si affaccia al mondo con i suoi dubbi, le sue insicurezze e la voglia di essere se stessi. a cura di Piergiorgio Ravasio da Bonate Sopra