Elegantissime in frac con il gilet bianco, le rondini mi hanno sempre incantato e affascinato fin da bambino, quando alla sera stavo seduto sull’aia vicino alla porta della cascina ad ammirarne il volo, sono in grado di compiere peripezie acrobatiche ineguagliabili da nessun altro uccello; solo loro possono virare schivando ostacoli all’ultimo momento, salire in alto per poi scendere in picchiata, oppure, come se fossero foglie trasportate dal vento; a volte , nonostante i richiami di mia mamma, rimanevo ad osservarle fino all’imbrunire, quando i pipistrelli prendevano il loro posto.
Mi ricordo quando, tanto tempo fa, molto prima dell’alba, io e mio papà entravamo nella vecchia stalla della cascina per accudire le nostre bestiole, appena accendevamo la luce, iniziava un coro di brontolanti cinguettii, sembrava che le numerosissime rondini lì alloggiate (una quindicina di nidi), si lamentassero per averle svegliare troppo presto, per noi era comunque una piacevole compagnia.
Costruiscono il loro nido con una abilità da muratore altamente specializzato, impastando il fango con la loro particolare saliva ed usando dei fili di fieno che fanno da scheletro alla loro geniale costruzione, permettendo così al nido di durare anche per diversi anni.
Qualche anno fa, nel ricovero dove sono alloggiate le manze, c’era per terra una piccolissima rondine, le sue sorelle, per motivi di spazio, l’avevano buttata fuori dal nido; così presi la scala e la rimisi al suo posto; mio padre mi disse: <è inutile che la rimetti dentro, non ci stanno in sei nel nido, domani è ancora per terra>; infatti, per tre giorni a seguire la rimisi nel nido, il quarto giorno, sotto stava circolando uno dei nostri gatti e la piccola sfortunatissima rondine volò in cielo senza battere le ali; a volte la natura è crudele con i più deboli.
Anche nella moderna sala di mungitura i nidi che adornano il giro del soffitto sono veramente tanti; quest’anno è accaduto un fatto veramente singolare: durante la mungitura del mattino (si inizia alle quattro circa), accendo i neon che sono posti appena al di sopra della mia testa, per illuminare meglio la mammella degli animali, e diverse farfalline bianche notturne (falene), in dialetto bresciano le chiamiamo le “barbele”, iniziarono a volare vicino alle luci; una rondine scese dall’alto e cominciò a cacciarle eseguendo una serie di peripezie sfiorandomi la testa, per niente intimorita dalla mia presenza.
Una volta riempito il becco saliva sul nido ad alimentare i suoi piccoli, poi di nuovo giù a caccia di barbele. Non mi era mai capitato di vedere una rondine così socievole e così ghiotta di farfalline al punto, pur di prenderle, di girarmi attorno così vicino da solleticarmi le orecchie con le ali; andò avanti cosi per una quindicina di notti, fino a quando i suoi piccoli lasciarono il nido. Mentre l’arrivo delle rondini solitamente è verso metà marzo variando più o meno di qualche giorno, la partenza verso terre più temperate, è di una precisione cronometrica, quest’anno per il quinto consecutivo, (io lo segno sempre sul calendario), è stato il 10 settembre , il loro calendario biologico è di una precisione stupefacente. Due giorni prima di affrontare il lungo viaggio, cacciano insetti in modo assiduo come a fare il pieno prima del lungo tragitto; poi il 10 settembre al mattino, appuntamento su i fili della luce, dietro la nostra cascina si radunano in centinaia, si sente un fragoroso trambusto di cinguettii, come se si dovessero mettere d’accordo per il lungo volo ed infine la partenza; giro di 360 gradi sulle nostre teste e via verso sud, le più esperte davanti a guidare il gruppo di questi meravigliosi volatili.
L’anno scorso sono stato testimone di un fatto a cui non avevo mai assistito prima; era da qualche giorno che le rondini erano migrate, ma nella nostra vecchia stalla ce n’era ancora una sul suo nido, probabilmente essendo anziana non se l’era sentita di partire ed a preferito finire qua i suoi ultimi giorni. Resistette fino a novembre inoltrato, nutrendosi delle ultime mosche attaccate al soffitto della stalla; quando vidi che la sua coda spuntava dal nido senza muoversi ormai da parecchio tempo, presi la scaletta e la tirai giù, era morta nel suo “letto”, forse era quello che voleva, pesava pochissimi grammi, la osservai mentre era tra le mie mani e pensai che in fin dei conti anche lei era partita per il lungo viaggio; il viaggio più lungo della sua vita.
Giordano