La vettura di cui parlo oggi fu commercializzata a partire dal 1979, circa sei anni dopo la prima previsione del lancio che la casa aveva pensato per il 1973.
La crisi petrolifera, unitamente alla guerra del Kippur fece desistere l’azienda nel mettere in commercio una macchina che seppur molto promettente, aveva un consumo stimato in 7 km/l. Verso fine del decennio nel 1979 appunto avvenne il tanto atteso lancio del modello.
L’Alfa 6 doveva posizionarsi al vertice della gamma delle berline, per sfidare alla pari le blasonate berlinone tedesche.
Mi riferisco alla BMW serie 5, Mercedes W123 e Audi 100 principalmente.
La prima serie era dotata di quattro fari all’anteriore ed è il particolare stilistico che a colpo d’occhio la distingue maggiormente dalla seconda serie, dotata di fari rettangolari. Ovviamente, il ritardo nel lancio della gamma fece sì che stilisticamente la vettura risultò da subito appesantita rispetto alla concorrenza.
La lunga gestazione ne penalizzò il successo commerciale, gli anni non fanno sconti a ne
suno. Soprattutto alle linee delle vetture, che magicamente appaiono invecchiate e non più attuali. La meccanica era raffinata e pregiatissima, montava il V6 da 2,5 litri e 158 CV di potenza. Perla della casa di Arese, dotato di sei carburatori mono corpo.
Il V6 è il famoso motore denominato “Busso”, fiore all’occhiello dell’Alfa Romeo, amatissimo da tutti gli alfisti.
Altra peculiarità dell’Alfa 6 che la rende iconica è il cambio ZF con prima in basso a sinistra, stesso schema del cambio della Montreal.
Per un appassionato di automobili la prima in basso a sx è un plus, un qualcosa che ti fa sentire unico ogni volta che ingrani la prima, almeno così è per me.
A richiesta si poteva montare un cambio automatico sempre della ZF.
Un’Alfa però è un attacca brighe da semaforo, e l’automatico poco le si addice a mio avviso.
Altra finezza assoluta era il ponte denominato “De Dion” di cui l’Alfa 6 era dotata.
Trazione posteriore e quattro freni a disco di cui i posteriori entrobordo.
Non era certo un peso piuma, circa 1500 kg, del resto era una comoda e veloce vettura adatta a 5 persone.
La prima serie dell’Alfa 6 fu coinvolta in un tragico incidente che vide coinvolti Gino Bramieri, il celebre attore e l’attrice Liana Trouchè che purtroppo perse la vita.
Questo incidente influì molto sulla nomea della vettura per via della grande popolarità di cui godeva Bramieri, che accusò l’Alfa 6 di scarsa stabilità sul bagnato a causa del cambio automatico che a detta sua la rendeva poco gestibile. Tuttavia non si riscontrò alcuna anomalia nel funzionamento della stessa durante l’incidente ma la dichiarazione di Bramieri, da sempre popolarissimo in italia, fece davvero cattiva pubblicità alla berlina della casa di Arese.
La carriera della prima serie si chiuse nel 1982 con 6000 pezzi prodotti.
La seconda serie subì poche variazioni, soprattutto non mutò troppo nell’aspetto se si esclude l’anteriore ben rifrescato alla vista dall’adozione di fari rettangolari. Due nuovi motori 2.0 V6 a benzina e 2.5 turbo diesel, motore VM da 105 CV di potenza.Purtroppo anche la seconda serie non avrà successo nonostante la meccanica raffinata e il blasone del marchio. Uscì dal listino nel 1987, il mio anno di nascita, per lasciare spazio alla 164. Purtroppo a mio avviso il ritardo nel lancio sui listini influì pesantemente sul successo commerciale. Ad oggi è ricercata dai collezionisti a causa del basso numero di esemplari prodotti e della meccanica davvero di ottimo livello. I prezzi sono ancora quasi accessibili, io la prenderei senza se e senza ma.
Solo il motore “Busso” e il cambio ZF valgono il prezzo del biglietto per intero.
Antonio Gelmini
Per curiosità o valutazione su vetture di interesse storico inviare una mail a: meccanicagelmini@gmail.com
Meccanica Gelmini Italia