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A Romina Power

Ho visto solo recentemente il film:” Quasi amici”, ispirato ad una storia vera e mi è piaciuto molto per diversi motivi. Tratta un argomento molto delicato: un uomo di mezza età, tetraplegico a seguito di un incidente col parapendio, assume un ragazzo di colore con qualche problema sociale e familiare come badante. Non ha capacità specifiche, nè sembra interessato a questo lavoro… invece nel periodo di prova la situazione cambia. Molto allegro e ironico, tra momenti di rifiuto e di goffaggine nelle operazioni quotidiane, trova il modo di affrontarle con un sorriso, con una vitalità coinvolgente e positiva. Tra scorribande in macchina, passeggiate all’aperto in carrozzina, canne fumate insieme, necessità comprese senza tante parole, si instaura nella “strana coppia” una simbiosi inaspettata. Il badante  riesce spesso a far divertire il suo assistito trattandolo senza pietà, anzi, scherzando proprio sul suo handicap senza però essere offensivo.
È questo modo di comportarsi che colpisce: è infatti messo in risalto un aspetto che andrebbe rimarcato più spesso. Una persona disabile deve essere sì supportata per tutte le necessità fisiche che non può svolgere autonomamente, ma rispettata dal lato umano e psicologico e trattata come una persona sana, senza atteggiamenti che possano rimarcare i suoi problemi. Solo così si manterrà la sua dignità già messa a dura prova quotidianamente! Parlo per esperienza simile: mia mamma, donna attiva e molto orgogliosa della sua indipendenza, aveva accettato con molta fatica, com’è comprensibile, la sua malattia che da un giorno all’altro l’aveva resa completamente dipendente.
Altrettanto difficile per noi e per la badante trovare la giusta misura tra doverose attenzioni e aiuto nel mantenimento delle poche capacità di autosufficienza senza pietismo, anzi, spronandola nei momenti di depressione e sconforto.
Una battuta ironica quando la malinconia le offuscava lo sguardo era la migliore medicina, sarebbe stato al contrario ancor più deprimente un atteggiamento di compatimento.
Il film è stato un viaggio nel mondo della disabilità  mostrando non solo i lati più dolorosi, ma sottolineando che una sana ironia è stimolante per il malato e sdrammatizzante anche per chi lo assiste, ruolo emotivamente difficile spesso più della fatica fisica.
Ornella Olfi

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