Un modo per entrare nei mass media senza raccomandazioni. Ma anche senza “gavetta” ed esperienza. Artisti, opinionisti e veline: il profilo on line è immortale. A differenza di quello reale.BE’ ormai noto come con internet sia scoppiata la mania dell’esibizionismo, non solo fisico o sessuale, ma anche creativo e intellettuale. Moltissimi artisti, pensatori e opinionisti hanno trovato un modo per entrare nei mass-media senza selezione, gavetta o raccomandazione; allo stesso modo molte aspiranti veline hanno trovato un modo per farsi vedere da migliaia di sconosciuti attraverso uno schermo proprio come le loro idols. Ma come mai si sta verificando questo effetto così esteso a livello mondiale? E’ mia opinione che il fattore scatenante di tale mania, sia la paura di morire, di morire definitivamente. Una volta per lasciare un segno nella memoria dei sopravvissuti si coltivavano sentimenti e si procreavano successori, ma era una memoria breve che moriva in un breve tempo generazionale e comprendeva certamente un circolo molto ristretto di persone. Internet dal canto suo promette eternità, chi lo sa se sarà vero, ma per ora non ci sono prove che facciano pensare ad un suo oscuramento, inoltre ha la potenzialità di raggiungere prima o poi chiunque al mondo. Del resto facebook ne ha dato prova, ogni volta che si sente che una persona ha subìto una morte massmediatica, subito i giornalisti ne vanno a controllare il profilo sul social network più in voga al momento. Questo fa riflettere sul fatto che anche se non abbiamo in programma di finire presto i nostri giorni, converrebbe comunque stare attenti a quello che si carica su questi spazi personali pubblici; bisognerebbe forse pensare attentamente se ci farebbe piacere essere considerati in quello o in quell’altro modo o essere ricordati per quella o quell’altra cosa; mi riferisco soprattutto a molti giovani che usano internet come se fosse un gioco e non si rendono conto invece di come sia serio il risultato finale ottenuto. Ma qual è l’effetto provocato da tutte queste voci che tutte assieme gridano “ci sono anche io”. Purtroppo oltre a rischiare l’effetto contrario a quello desiderato, cioè invece di raggiungere multipli di persone, raggiungerne estremamente poche, e invece di essere ricordati per anni, solo per istanti; si sta ottenendo anche una perdita della qualità nonché una estremizzazione della provocazione, questi effetti sono proprio conseguenti alla paradossale difficoltà che si ha nell’ottenere pubblico e memoria nel tempo. Ma perché è così difficile avere una platea spazio temporale? Probabilmente oltre alla difficoltà che i fruitori hanno nello scegliere dove guardare, bombardati di continuo da podi su podi, non si può non considerare che questo (cioè la difficoltà di avere una platea attenta) possa anche essere dovuto all’effetto che ormai anche il pubblico è egli stesso attore (del resto ognuno si fa film nella testa e chi sa quali filmoni riesce a realizzare). Sono quindi ormai tutti troppo impegnati a dire la propria, per poter dare anche ascolto agli altri. Ed ecco che di conseguenza arriva la perdita della qualità: non è ciò che è valido ad essere ricercato in questa confusione auto-mediatica, ma ciò che fa più tendenza e ciò che paga meglio un posto come sponsor nei motori di ricerca. Nasce quindi un dilemma in questi new self-buyer di immagine, come reagire a così tanta concorrenza, come far sì che venga ascoltata anche la nostra voce, ma è ovvio: estremizzando i contenuti. Questo finalmente arriva a spiegare il fenomeno della tanta aggressività e sessualità gratuita che dilaga nella rete, “sicuramente se stupisco mi guarderanno in tanti”. Quanto detto ancora una volta dovrebbe far ragionare sul fatto che invece bisognerebbe proprio stare attenti a cosa si vuol veramente lasciare come propria eredità su internet, perché se può far piacere essere notati, può forse non far piacere essere ricordati solo per quello o comunque anche per quello. Il caricamento su internet, ripeto, è qualcosa di molto più serio di quel che si pensa, anche perché non solo non sappiamo in che mani finiranno i nostri contenuti, ma non sappiamo per quanto tempo, e chi li scaricherà o salverà sul proprio computer. Ma purtroppo credo che i ragazzi di oggi (e purtroppo anche moltissimi adulti) pensino troppo poco al futuro, ma siano più concentrati sull’immediato presente e sull’immagine che a loro piacerebbe lasciare proprio in questo presente; quando in realtà non ci sarebbe bisogno di immaginarsi sotto terra per rendersi conto che il futuro esiste, basterebbe pensare alla possibilità più lieta e prossima che è quella di avere figli e cosa ci piacerebbe dire loro di noi, o cosa ci piacerebbe un giorno raccontare ai nostri nipoti. Se è presto per alcune fasce d’età tra quelle a rischio arrivare a riflettere su certi argomenti, non dovrebbe essere difficile per un adulto provare a rimandare questo discorso ai suoi figli parlando per ipotesi empatiche (inerenti alla loro situazione odierna) come ad esempio: “cosa proveresti se navigando inciampassi su certe immagini di tua madre?” Ma purtroppo anche questi discorsi stano diventando difficili e tra poco rischieranno di diventare superflui, perché nelle menti attuali oltre alla perdita della qualità del messaggio, con le grandi possibilità di immortalità che ci offre internet, stiamo arrivando anche ad una perdita della qualità dei sentimenti e della voglia di famiglia. Un tempo ci si impegnava socialmente e affettivamente anche per lasciare un segno indelebile in quelle persone che incontravamo sulla nostra strada; ormai questo è un atteggiamento superfluo, e uno dei grandi fattori che ci rendeva generosi e altruisti, nonché desiderosi di avere una propria famiglia, una propria prole, si sta perdendo nella vastità della grande famiglia che abbiamo trovato nella rete. Detto questo, chi lo sa se ora le persone rifletteranno su quanto potrebbe costargli lasciare un segno, o se preferiranno lasciare un segno a tutti costi. Forse un cambiamento di marcia si avrà quando si renderanno conto che il segno che stanno lasciando su internet non è poi così vasto, non è poi così duraturo, non è poi così gratificante! Dalila Liguoro www.goleminformazione.it