Vuoi essere avvisato in anticipo dell’organizzazione di eventi, manifestazioni, rassegne, anteprime cinematografiche e film in programma nella tua zona? Manda un email a: piergiorgio.ravasio@email.it Una volta chi proveniva dallo spazio ci raggiungeva animato da buoni propositi e venendo in pace. Questi tempi, chiaramente, appartengono ad un’epoca ormai relegata negli angoli bui della nostra memoria. Oggigiorno chi viene a “trovarci” lo fa perché mosso da istinti bellici e, spesso, legati alla sopravvivenza della propria specie. Altri commentatori più autorevoli, invece, tendono a dare una valenza politica anche alla celluloide; ed è così che le ultime pellicole di genere catastrofico vengono ricondotte alla paura generata dall’11 Settembre: quel terrore che ci fa alzare lo sguardo e guardare in alto ad ogni minimo sentore di minaccia alla nostra incolumità fisica. Oppure, se vogliamo commentare la prima parte del titolo: dove sono finiti i cari vecchi amati pellirossa che, in groppa ai loro scalpitanti cavalli, raggiungevano interi villaggi depredandoli di tutto e devastando intere terre? Che fine ha fatto il glorioso genere western a parte qualche recente eccezione (“Il grinta” dei Fratelli Coen)? Sul ring, teatro delle vicende, il match si disputa tra il Professor Indiana Jones e l’ex agente segreto 007 con licenza di uccidere; ovviamente stiamo parlando di Harrison Ford e di Daniel Craig impegnati a tenere le redini di una graphic novel in cui domina un pizzico di commedia, azione, ambientazioni western e situazioni futuristiche in stile fantasy. Al di sopra dei due, ancora una volta, a decretare gli incassi dell’ennesimo blockbuster, la mano di Steven Spielberg e quella di Ron Howard. Quattro mani (e due cervelli, forse, a corto di un po’ di estro) impegnati ad appiopparci i soliti alieni, collocandoli, questa volta, in un’epoca decisamente insolita e remota: quella dell’antico west, con i suoi cavalli e diligenze, sceriffo di una piccola cittadina, classico saloon, santoni e filtri magici di rito indiano. Anno 1873. Un uomo si risveglia in una prateria dell’Arizona senza ricordare nulla di ciò che gli è successo. Legato al suo polso un braccialetto di cui ne ignora la provenienza. Attaccato da alcuni predatori poco cordiali, cerca rifugio nella vicina città di Absolution dove non troverà una felice accoglienza. Per lo meno fintanto che gli abitanti non dovranno far fronte ad un altro pericolo ben più preoccupante: l’attacco da parte degli alieni (vista l’epoca sono associati e considerati come emissari del demonio). Contingenza che unirà tutti quanti, mentre i ricordi tornano alla mente, nel comune sforzo di difesa (con lui una dolce donzella tanto graziosa quanto enigmatica, un colonnello un po’ sui generis con figlio al seguito), dove il medaglione al polso si scoprirà essere il mezzo più efficace per eliminare gli alieni e i loro dischi volanti. La difficoltà a fondere due generi così diversi, la si percepisce inevitabilmente; e di questo, forse, se ne sarà reso conto anche il regista Jon Favreau, padre del meglio riuscito “Iron Man”.Nonostante la sceneggiatura risulti un po’ superficiale e appiattita sul proprio progetto, (con situazioni abbastanza scontate) e lo scarso spessore dei personaggi secondari, la pellicola, di rapido consumo (che si rifà all’omonimo romanzo di Scott Mitchell Rosenberg) senza regalarci grandi emozioni o profonde suggestioni, si lascia guardare dall’inizio al finale oltremodo canonico. Insomma: un po’ meglio del deludente “Super 8” (ancora nelle sale). Anche se, ormai, la lezione l’abbiamo imparata a memoria: la minaccia degli UFO impone a noi umani di coalizzarci nonostante le nostre inevitabili divisioni. Ma questo è un po’ che lo sapevamo: l’unione fa la forza.