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“MATILDE È UN’ANIMA COMPLESSA”

“Matilde è un’anima complessa”.
E’ lapidaria la didascalia che è stata scelta per presentare sui social una scena della nuova stagione della serie “Tutto chiede salvezza”.
La protagonista – ormai è noto – è la magnifica intelligenza teatrale di Drusilla Foer che racconta, in maniera a mio avviso magistrale, il senso di un dolore che segna un prima e un dopo, che cresce, con il passare del tempo, nel profondo di una persona che matura e trova consapevolezze nuove.

Le anime complesse – lo dice la parola stessa – sono di difficile gestione e per questo fanno paura: incutono, nella società e non necessariamente nelle singole persone, il timore di qualcosa di imperscrutabile di cui non si conoscono i confini. E’ da questo, credo, che ne derivi la necessità fisica e sociale – dall’introduzione della legge Basaglia in poi – di costruire dei confini, “civilmente” accettabili, per ciò che vorremmo definire “normalità”.

Ma la “normalità”, per sua stessa definizione – è qualcosa di indefinibile se non in paragone a qualcos’altro e ci si trova, così, in una contraddizione di fatto, che crea un buco nero di disinformazione, stereotipo e oscuro rispetto verso persone che, quotidianamente, si trovano a gestire la loro stessa complessità, senza gli strumenti atti a farlo. Il 10 ottobre si è celebrata la giornata mondiale della salute mentale.

Non ho le capacità tecnico-scientifiche per esprimere un concetto sensato su questo tema, ma ho l’umanità e la sensibilità per poter rivendicare – con la giusta presunzione – il diritto e l’autodeterminazione anche delle tantissime Matilde che possiamo incontrare lungo il nostro percorso umano.

La serie, come qualsiasi opera artistica, può piacere o meno; ha i suoi tratti di invenzione scenica e drammaturgica, su cui, di nuovo, non ho capacità tecniche di valutazione, ma ha il merito – senza alcun dubbio- di aprire uno spaccato di riflessione – appunto – sulle complessità che non siamo più capaci di gestire. Avrei voluto abbracciare Matilde in ogni suo attimo di esternazione, in ogni suo attimo di furore, in ogni sua illuminazione di follia, non tanto per lei o per ciò che lei possa rappresentare, quanto per quel che in lei ho saputo rivedere di me stesso.

Spaventa l’idea di non saper afferrare alcuni aspetti del vivere umano, ma affascina rendersi conto di quanto ancora immensa e indefinibile possa essere l’anima di una persona che, di volta in volta, con le proprie scelte di libertà, definisce quanto essere o meno nel mondo, nella società, nei sorrisi e nel dolore di chi si incontra per strada. Saper scegliere quando tutto inizia o tutto finisce carica ogni singolo individuo di una responsabilità a tratti disumana, se la considera nella sua articolazione di gestione sociale – tanto da spingere verso scelte non sempre condivisibili, ma che diventano comprensibili attraverso lo sguardo e la lente di quel dolore vissuto, attraversato, subito.

Interroga la mente – ancor più di Matilde – l’essenza che con lei passa il tempo, senza, però, con lei invecchiare, quasi in una moderna rivisitazione di Dorian Gray, perchè è da essa – o dall’imponenza che ad essa si ritiene di dare – che ne scaturisce il dolore e la frustrazione; quel dolore e quella frustrazione che, senza rendercene conto, ogni giorno ognuno di noi vive nelle conflittualità, nella disillusione, nella relazionalità che scegliamo di intraprendere.

Diventa, quindi, quasi rivoluzionario esaltare la figura di una complessità difficile da interpretare, scontrosa da affrontare, sconcertante da vivere, ma, oggi più che mai necessaria da comprendere. Io la ritrovo in me, e credo sia giunto il momento di non averne più paura, ma di rivendicarne – anzi, la valenza sociale, nella speranza di poterne un giorno ricavare una maggiore dignità per ogni singolo individuo.
Giorgio

Nella foto: Drusilla Foer (alter ego dell’artista Gianluca Gori) nell’interpretazione in “Tutto chiede Salvezza” 

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