La macchina fotografica è la sua “arma” per parlare di violenza sulle donne, per accendere i riflettori sul dramma (purtroppo ancora frequente) della violenza di genere. Nella Giornata internazionale del 25 novembre che richiama all’eliminazione della violenza contro le donne, Vittoria Capuozzo presenta in esclusiva i suoi scatti che pongono al centro un tema dalla forte rilevanza sociale. Lei, fotografa professionista, mamma, donna e concittadina di Giulia Cecchettin, ormai da anni si adopera per esaltare con l’obbiettivo fotografico la bellezza della donna, superando ogni età, ogni pregiudizio, ogni ipocrisia.
Stavolta si è spinta oltre, raccontando l’anima di Alessandra, fotografando il dolore psicologico che sempre si affianca alla violenza fisica. I suoi scatti ritraggono il dolore dell’animo che logora chi ne è vittima, le sue fotografie raccontano il sentimento di inferiorità che fa sprofondare chi si sente tolta ogni forma di libertà o di pensiero.
“Da anni mi sforzo per portare alla ribalta questi temi attraverso mostre e manifestazioni – racconta Vittoria – Le mie fotografie, purtroppo, prendono ispirazione da storie vere drammatiche e psicologicamente violente, raccontano testimonianze di donne che hanno condiviso con me la loro esperienza e che da quel tunnel apparentemente senza via d’uscita sono oggi riuscite ad essere donne vincenti”.
Emerge con forza la necessità di prevenire, e punire, ogni forma di violenza, “perché l’amore può anche finire, ma il rispetto non può mai mancare e nessuno deve togliere la vita perché nessuno è padrone di un’anima” aggiunge Vittoria che ha scelta la frase “Io esisto e tu esisti nel rispetto della vita” come ideale chiusura dei suoi scatti. Ma c’è di più. Le sue fotografie vogliono scuotere le coscienze, sensibilizzare la società, dare forza a chi vive la tragicità di una violenza psicologica, dove le lacrime sono quelle di un’anima stremata da un partner violento. “Il mio è un messaggio di forza e di speranza – conclude – Un messaggio rivolto a chi ancora oggi si trova intrappolata nella paura di parlare, nella paura di esistere.
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