Normalità: Condizione riconducibile alla consuetudine o alla generalità, interpretata come ‘regolarità’ o anche ‘ordine’. È questa la definizione presente sul vocabolario per descrivere questa parola, a mio avviso, noiosa e inquadrata. Quante volte mi sono sentita dire “tu sei così… una persona normale invece…”.
Parto col dire che, nonostante l’apparenza so di non essere normale, qualche rotella fuori posto ce l’ho (chi non ne possiede almeno una?).
Viviamo in una società in cui se non rispecchi lo schema di massa, se hai qualcosa di “non convenzionale”, e quindi se le tue gambe vengono sostituite da una carrozzina, se respiri attraverso una tracheotomia anziché dal naso, se invece della voce per esprimerti utilizzi un apparecchio digitale (cosa non troppo strana se ci pensiamo), e i tasti di questo strumento non vengono digitati con le dita ma bensì con il naso, nel nostro inconscio scatta l’immaginario allarme “pericolo diversità!”.
Ma se ci pensiamo quelli elencati, che sono semplicemente strumenti volti a migliorare l’esistenza di una persona, e che nell’immediato si etichettano come “stranezze”, hanno come obbiettivo, quello di muoversi, di comunicare, di respirare, semplicemente di vivere.
È così strano? Qui mi viene in mente una regola matematica che si impara alle elementari, la proprietà commutativa: cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia.
Cosa importa come lo si fa, l’importante è raggiungere il traguardo! E ovviamente questo discorso non vale solo per l’argomento “disabilità”: vale per i corpi, tutti, per la moda, non solo nel vestire, e in molti altri ambiti. Per rispecchiare i famosi canoni di normalità dovremmo conformarci ad un esercito di formiche o ad un gregge di pecore, tutte uguali, tutte che seguono, appunto, uno standard.
Se non riecheggi in qualche modo la “norma” vieni classificato come “diverso”, non per forza emarginato o additato, però non dimentichiamo che viviamo nella società in cui la diversità fa paura, ma ricordiamoci anche di saper andare oltre, perché la diversità alle volte è tutta apparenza, e spesso inganna. Il vero problema è che questo sistema di pensiero ci porta a credere alla convinzione di essere sbagliati, errori, difetti di fabbrica, quando invece la questione è forse più semplice e indolore: quello che è giusto per gli altri non dev’essere per forza giusto per tutti!!!
Quindi, se non si fosse capito, “normalità” è una parola da me odiata! Così limitante nella sua semplicità, nella sua normalità. Tutti la cerchiamo e la inseguiamo per poi renderci conto che è così dannatamente ordinaria, un’invenzione, una scusa per vivere una vita regolare, per l’accezione che noi diamo a questa parola, noiosa e inquadrata, per sentirci in diritto di lamentarci di essa. Facendo un esempio concreto: una foto o un video pubblicati sui social possono apparire “normali” ma nel tempo di una storia, è facile sembrare, apparire, renderci perfetti.
A lungo andare questo diventa frustrante.
Teniamo sempre presente che la perfezione non esiste!!! E ciò che conta veramente è ciò che sta “dietro le quinte” di un palcoscenico.
La realtà, quella vera, quella totale e profonda è migliore della finzione e dell’apparenza.
Come disse Alda Merini:
“La normalità è un’invenzione di chi è privo di fantasia”
Silvia