Sto leggendo il libro di Hadot sugli esercizi spirituali. Trovo spunti interessanti.
“…per Epicuro, come per gli stoici, la filosofia è una terapia: “La nostra sola occupazione deve essere la nostra guarigione”.
Ma questa volta la guarigione consisterà nel liberare l’anima dalle preoccupazioni della vita, per condurla alla semplice gioia di esistere. L’infelicità degli uomini deriva dal fatto che temono cose che non devono essere temute e che desiderano cose che non è necessario desiderare e che sfuggono loro.
Così la loro vita si consuma nel turbamento dei timori ingiustificati e dei desideri insoddisfatti. Sono dunque privati di quello che è l’unico piacere autentico, del piacere di essere.”
Gioia di esistere e piacere di essere: questi vissuti mi appartengono e li sento profondamente. E li ho sentiti anche nei momenti difficili della vita. Anzi, proprio in quei momenti sentire di essere mi ha aiutata ad affrontare quel che c’era.
In questi tempi, poi, sto riflettendo sui desideri. La crisi economica obbliga a ritornare alle cose davvero importanti, a spostare il baricentro là dove dovrebbe sempre stare, sui valori fondamentali, su ciò che davvero nutre la vita e dà senso.
Tempo fa mi sono chiesta: se la crisi mi obbligasse a cambiare drasticamente tenore di vita, a lasciare la mia casa, a cercare lavoro altrove, cosa mi porterei dietro? Ho passato in rassegna le mie cose, e ne sono rimaste poche: il computer, il telefono, i libri di Rilke, la macchina fotografica. L’essenziale è questo, e non è poco. Mi ha rassicurata questo pensiero. Lo sento vero. Il resto sono possibilità di cui ringrazio la vita. Ma le fondamenta sono più essenziali, e sono chiare in me. Posso andare per la vita sentendomi più leggera e libera. Abbandono alle cose, abbandono delle cose: riuscire a godere di ciò che c’è quando c’è, e riuscire ad abbandonare ciò che non è più nelle nostre possibilità. Vale per le cose materiali, ma non solo. Mi sono accorta di avere meno “bisogni” di quel che credevo. Comprare una nuova borsa o un nuovo capo di abbigliamento mi ha sempre dato gioia, ma ora che il bilancio familiare richiede più attenzione, farne a meno (e ovviamente non sto parlando di cose indispensabili) mi fa stare comunque bene.
I desideri chiamano altri desideri: ma siamo veramente felici solo quando li appaghiamo? Quella felicità quanto dura? Ora io sono felice. Sto bene dove sono. Mi dà felicità respirare l’aria fresca la mattina quando esco di casa, guardare cieli sempre diversi; sono felice quando vedo la bellezza intorno a me; sono felice perché amo e sono amata; sono felice perché la mia vita è ricca di relazioni significative.
Questo non vuol dire che va tutto bene e non ho problemi, ma che quelle ricchezze danno forza per reggere le fatiche. Quelle ricchezze sono in me, fanno parte di me, e riempiono la maggior parte dei miei qui-e-ora. Non tutti, perché ci sono i momenti in cui le paturnie prevalgono, in cui sono s-centrata. Allora l’esercizio spirituale – che sia lo scrivere, fare fotografie, guardare il cielo e i suoi colori, o altro – diventa la via principale per ritrovare il centro e il piacere di essere. Allora la vita torna a fluire.
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