È probabilmente una delle chiesette meno conosciute di Montichiari, quella intitolata a Santa Cristina di Bolsena, che dà il nome al piccolo borgo in cui si trova, sulla riva destra del fiume Chiese. Molto numeroso e interessato dunque il pubblico che ha partecipato alla serata organizzata dalla Pro Loco per visitarla, ascoltare con interesse la sua storia e il contesto del Basso Medioevo in cui si colloca la sua costruzione.
Il Dott. Mario Fraccaro ha ampiamente dato notizie storiche e antropologiche di quel periodo, citando anche gli studi degli storici locali Don Angelo Chiarini e Albino Miceli; Don Paolo Tortelli ha raccontato brevemente la biografia di Santa Cristina; Enrico Ferrario, Luciano, Cecilia e Sonia della Pro Loco hanno letto brani a tema, il tutto accompagnato dal delicato sottofondo musicale del chitarrista Fabrizio Treccani. Montichiari anticamente era diviso in 4 parti, dette le QUADRE, formate dall’incrocio del fiume Chiese a nord con le strade per Brescia e Mantova.
Ogni quadra prendeva il nome dalle proprie chiesette, che facevano capo alla Pieve di San Pancrazio: S. Giovanni, S. Zeno, Santa Margherita e Santa Cristina (in origine però dedicata a Santa Crispina). Intorno alla chiesetta di Santa Cristina c’era brughiera, utilizzata per il pascolo delle pecore (si parla di 5.000, per le quali i pastori pagavano un affitto al comune) mentre gli altri animali bonificavano il terreno con gli escrementi. Successivamente vi si coltivarono vari cereali.
Il periodo tra il 1000 e il 1200 fu prospero, mentre i 3 secoli successivi furono funesti per siccità, carestie, pestilenze, guerre tra fazioni e passaggi di truppe straniere. La vita contadina era molto dura, caratterizzata da estrema povertà: nessuna comodità, cibo scarso e scadente, abbigliamento spartano, case spoglie, scaldate solo dal fuoco, che non doveva mai spegnersi. Caratteristiche di allora le 3 F: fame, freddo, fumo (del fuoco). La miglior qualità di vita era riservata ovviamente solo ai nobili.
Ci furono lebbra, malaria e 4 ondate di “Ergotismo” o fuoco di Sant’Antonio, un fungo della segale che procurava forti bruciori e dolori. I medici erano disprezzati, perché non avevano farmaci per guarire, se non blandi decotti e poco altro. Si viveva di superstizioni, si pregavano i Santi, convinti che le malattie fossero maledizioni, castighi mandati da Dio. Molti fecero pellegrinaggi, anche molto lunghi, durante i quali chi guariva credeva nel miracolo, ma in realtà era perché spostandosi mangiavano segale non contaminate.
La gente non aveva paura della morte, anzi, vivendo in condizioni pessime, pensava di andare a star meglio nell’aldilà. Del martirio di santa Cristina, morta a soli 11 anni dopo torture di una crudeltà inenarrabile ordinate dal padre, al tempo dell’Imperatore Diocleziano, si parla già nel V° secolo nella raccolta molto conosciuta di agiografie scritta dal Vescovo di Varazze dell’epoca, santi che erano presi a modello e a cui rivolgersi per intercedere nella richiesta di grazie. Era questo il Papato di Lucio III, che nomina la chiesetta già in una Bolla del 1182, e corrisponde all’inizio dell’Inquisizione, perpetrata dalla Chiesa verso gli eretici, veri o presunti, con inaudita spietatezza. All’interno di questi testi Santa Cristina è una figura di grande risonanza per la testimonianza di fede profonda, nonostante fosse così giovane, che l’ha portata alla morte pur di non rinnegare la sua fede cristiana; inoltre perché Bolsena, trovandosi sul percorso tra la Via Francigena e la Via Romea, era visitata da molti pellegrini, i quali riportavano dunque la sua storia nei luoghi dove sostavano e al ritorno a casa. L’onomastico di S. Cristina è il 24 luglio.
A Bolsena la notte tra il 23 e il 24 luglio le sue reliquie vengono portate in processione passando nelle piazze dove si rappresentano le sue torture, per rivivere la descrizione del bene e del male, quale testimonianza che Dio che protegge chi crede in Lui e per anelito di una vita migliore nell’aldilà. Santa Cristina è patrona di mugnai, balestrieri, dell’agricoltura, della fertilità sia di persone che della terra, perciò anche nella nostra zona si rafforzò il suo culto.
A metà del 1500 la chiesetta era in uno stato pietoso e il Vescovo Bollani diede ordine di restaurarla, aprendo finestre e una porta centrale, fino allora inesistenti (c’era solo un’entrata laterale). Monsignor Quaranta, a cui stava molto a cuore, pochi decenni fa, fece ristrutturare il campanile. Fino al 1969 la chiesetta fece parte della Parrocchia dei Novagli, poi venne accorpata alla frazione di Bredazzane e insieme fanno parte tutt’oggi della Parrocchia Maria Immacolata di Borgosotto.
In estate vi si celebra la S.Messa ogni 15 giorni, alternando con Bredazzane e d’inverno una volta al mese. All’interno si possono ammirare un quadro raffigurante la Vergine Maria con Gesù; Santa Cristina; San Pancrazio e un prezioso crocifisso ligneo del XVI° sec. Il giardino esterno è ben curato dai residenti del borgo, ormai purtroppo quasi tutti anziani. Una fresca serata estiva davvero interessante, con la luna a tratti ad occhieggiare tra le nuvole, respirando il profumo della campagna, in un silenzio magico, alla riscoperta di un passato che, in positivo o in negativo, sempre insegna.
Ornella Olfi