Lanciata nel Maggio 1972, la nuovissima berlina della casa di Arese, non poteva non essere all’altezza della tradizione di casa Alfa.
Elegante, aggressiva, veloce ma allo stesso tempo adatta anche come auto di famiglia. Un mix perfetto che ad Arese conoscono bene e avevano già realizzato anche in passato. La tipo 116, così venne chiamato il progetto, venne equipaggiata con il leggendario bialbero dell’Alfa, cilindrata da 1,8 litri. Ovviamente quattro cilindri in linea, con una potenza di 122 CV per un peso di poco superiore ai 10 quintali.
Questa combo di leggerezza e potenza, ricordiamoci che siamo all’inizio degli anni 70, la pongono ai vertici per prestazioni e doti velocistiche. Ovviamente anche questo modello dell’Alfa finì arruolata nelle file della mala e delle forze dell’ ordine.
In un periodo delicato, come quello degli anni 70 in Italia, intriso di radicali cambiamenti della società e talvolta purtroppo di sangue, l’ Alfetta filava come una freccia sulle strade di allora, fra fuori giri e raffiche di mitra.
Erano gli anni del terrorismo, dei grandi scioperi e delle rivoluzioni culturali che misero a grande rischio la tenuta sociale del nostro paese, si pensi al sequestro Moro per esempio.
L’Alfetta era una delle berline più veloci sul mercato, dotata di una tecnica sopraffina degna solo di marchi ben più costosi, al posteriore montava il ponte de Dion, con puntoni convergenti e parallelogramma di watt. Questo sistema faceva sì che ruotando attorno al suo stesso asse le oscillazioni verticali si mantenessero sempre su uno stesso piano.
Il ponte de Dion con cambio in blocco e freni a disco al centro era una finezza assoluta per i tempi, qualcosa di rarissimo e prezioso su una berlina prodotta in grandi numeri.
Il frontale era dominato dalla mascherina stretta posta al centro e dai quattro fanali.
La plancia bellissima e ordinata presentava cinque strumenti circolari, finiture in legno chiudevano il tutto, il meraviglioso volante a tre razze, forse un po’ grande per la guida sportiva ma di sicuro impatto visivo. Da guidare inutile dire che facesse innamorare, sopratTutto l’effetto “ Alfa “ era garantito anche dal rombo del bialbero. Veloce, bella, la partner ideale… si poteva lasciare moglie, suocera e bimbi al parco, per poi correre sulla prima tangenziale e trovarsi ruota a ruota con una serie 5 o una DS23, sfogando così tutto lo stress della settimana… Un’auto per famiglie che andava bene anche per la parte più “criminale “ del pilota che è in noi.
Antonio Gelmini
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