Tanti lavori da giovane, un prezioso racconto di come si lavorava negli anni 1945-60.
Il 10 giugno scorso ha toccato il traguardo di 89 anni, Andreina Mazza a Mezzane di Calvisano. Una vita giovanile la sua, che dovrebbe riempire pagine di storia educativa-sociale degli anni 50-60, dello scorso secolo. Ha festeggiato il compleanno attorniata dalle due figlie, Patrizia e Raffaella con le loro famiglie, cinque nipoti e due pronipoti. Sposatasi nel 1961 con Vigilio Misserini, conosciuto da tutti come Nino, il meccanico di biciclette, autista per la scuola ed altro. Il suo laboratorio è stato per anni sede d’incontro mattutino degli sportivi e tifosi. La signora Andreina, vedova dal 26 gennaio 2002, ha un aspetto giovanile, non certo della sua età, espresso con vigoria nella memoria di quanto accaduto a Mezzane negli ultimi decenni. Tanti lavori da giovane e tanti sacrifici, e altrettanta spensieratezza per un futuro migliore.
Che oggi sembra essere posto in discussione, dopo lo stop impostoci dal covid-19 e le sue conseguenze socio-economiche. La sua storia di giovane lavoratrice, era stata pubblicata nel libro “S’Imparava a Lavorare in Silenzio” stampato nel 2007 dalla Federazione Pensionati Cisl di Brescia, e presentato quell’anno anche a Mezzane. Una testimonianza di 55 donne, che hanno raccontato il loro lavoro che va dagli anni 1945 al 1960, fra le quali anche le mezzanesi Delfina Tonini Filippini, Pierina Zaniboni Sambinelli e quella di Andreina Mazza, che in parte raccontiamo.
Ad undici anni era già al lavoro come bambinaia, presso una famiglia del paese, la quale nei tempi morti la utilizzava con i lavori nei campi. Ricorda bene la raccolta delle foglie in autunno, che venivano utilizzate per fare il letto alle mucche e bovini; quella dei sassi per rendere idoneo il terreno per l’aratura e la semina; la campagna dei bachi da seta, allevati in quasi tutte le famiglie. Svolse tale lavoro fino ai 14 anni, portando a casa poco come denaro, ma indispensabile per aiutare la famiglia povera, di altri tre fratelli, uno dei quali per un certo periodo ammalato.
Il 10 marzo 1947 iniziò il lavoro nel cotonificio “De Angeli Frua” a Roè Volciano, distante circa 60 chilometri dove si recava il lunedì mattina, partendo in bicicletta nella notte verso le due, passando da Bedizzole, dove trovava altre amiche lavoratrici, per giungere verso le cinque a destinazione per l’inizio del primo turno. Per tutta la settimana rimaneva in Convitto presso le Suore Ancelle della Carità, chiamate a gestirlo, ma collegato alla fabbrica. Dormivano in camerate di 150 letti. Erano circa 600/700 dipendenti, quasi tutte donne, con turni di lavoro di sei ore, compreso il sabato, gli uomini erano addetti all’officina meccanica. Al sabato dopo il lavoro si ritornava a casa, affrontando quella lunga distanza qualunque fosse il tempo. Freddo, brina, nebbia, ghiaccio e neve, strade non asfaltate e di campagna.
La giovane Andreina lavorava alla filatura, altre alla tessitura. La prima paga, pensa si aggirasse attorno ai 20/25 centesimi all’ora, aumentati successivamente per giungere a circa 3.000/3.500 lire al mese. Nel 1952 il Cotonificio provvedeva al licenziamento, dovendo chiudere, lei accettò da subito ricevendo un premio. Dopo una piccola parentesi per le pulizie presso l’Ospedale a Tavernerio (Como), dal 1953 accettò di lavorare a Busto Garolfo (Milano), in una filatura con circa 70/80 persone, qui data la precedente esperienza, insegnava il mestiere a quelle nuove. Ritornava a casa una volta al mese, aiutando in casa. Lo svago era solo di qualche ora pomeridiana domenicale per correre, magari sottraendosi al controllo della mamma Ines Folloni, per il ballo sull’aia di qualche cascina o in qualche casa del paese, al suono della tradizionale fisarmonica, del vertical o gira dischi. Il 09.03.1953 passò alla Filatura B.C.& A. F.lli Tosi a Cuggiono (Milano), dove ripete la stessa esperienza di Busto Garolfo, anche come mansione. Pare che guadagnasse circa 30.000 lire al mese. In quel luogo si impegnò come volontariato anche in quella Parrocchia e vi rimase fino al 31.01.1955.
La nostalgia del tornare a casa è sempre stata al primo posto, dal febbraio 1955 lavori stagionali alla Verdura di Granelli a Carpenedolo. Dopo tre anni è commessa in una pellicceria a Terazzano (Milano), dove la famiglia si era trasferita, stipendio 25.000 al mese. Ma dopo un anno, ritornerà con la famiglia a Mezzane, dove il padre Guglielmo continuerà come salariato; il muratore non era il suo lavoro. Oggi, vive da sola con la pensione minima e la reversibilità del marito. La famiglia della figlia Patrizia è al piano superiore. Fra gli hobby attuali, non avuti nell’età giovanile, la lettura, il cucito, il volontariato al Gruppo Missionario, fino a prima del tremendo covid, che ha fermato il nostro vivere in serenità, ricordando i bei momenti del passato, vissuti insieme ad altri mezzanesi, alcuni dei quali tale virus ha portato via.
MARINI MARINO