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L’ULTIMO PICNIC

L’ultima volta che ho mangiato su un bel prato all’aria aperta (nonostante io sia un contadino), risale all’ormai lontanissimo 22 aprile 1984, giorno di Pasquetta. Avevo da poco conosciuto una ragazza di Isola Dovarese, un bel paesello costeggiato dal fiume Oglio; la domenica pomeriggio la trascorrevo come volontario nella casa di riposo di Isola, era stata Serena (così si chiamava la fanciulla), a farmi avvicinare a questa bella esperienza, molte volte il resto del tempo libero lo passavamo facendo lunghe passeggiate (a volte anche in bici), sulle stradine adiacenti le rive dell’Oglio. Il paesaggio in aprile era mozzafiato, fiori di ogni tipo e colore ornavano le sponde del fiume, veri e propri boschetti di alti alberi, donavano ombra, pace, quiete mentre li si attraversava, sembrava di essere in Eden.
Trovammo una radura di straordinaria bellezza non lontano dal Mulino Vecchio (storico ristorante di Isola); Serena mi disse: “perché non trascorriamo qua il giorno di Pasquetta? C’è un bel praticello ed i pioppi ci donano ombra“, – io risposi di si con grande entusiasmo. Arrivato il giorno, passai a prenderla a casa, caricammo l’auto di vivande e tutto l’occorrente per trascorrere uno splendido picnic. C’era un sole stupendo, mi ero messo in abbigliamento sportivo con pantaloncini corti, arrivati alla radura, sistemammo la coperta sul prato e su di essa i piatti, forchette e cibi prelibati; ci sedemmo a mo’ di fachiro e cominciammo a mangiare felicissimi. Ma dopo meno di 10 minuti sentii un dolore atroce ai miei bassipenduli, decine di formiche rosse mi erano entrate nelle mutande, saltai in piedi e sistematomi dietro un albero tirai giù braghe e slip, ero pieno di quei diabolici insetti, il dolore insopportabile, chiesi aiuto a Serena ma mi rispose: “sei impazzito? Non vorrai che mi metta in ginocchio a spulciarti i marroni” . Dovetti fare tutto da solo, ci impiegai diversi minuti per liberarmi da quelle terribili formiche; ero pieno di bolle rosse, un bruciore insopportabile. Caricammo i viveri nel baule dell’auto, la coperta, essendo piena di insetti, la arrotolai e la lasciai ai piedi di un’albero, con l’intento di andare a ritirarla successivamente (Serena andò a riprendersela il giorno dopo), finimmo di mangiare a casa sua, la magica atmosfera si era rotta, che peccato, la Pasquetta era cominciata così bene e finita così male, diciamo che per lo meno era stata una giornata indimenticabile. Quando salutai Serena le dissi: “ricordati, se tutto questo fosse capitato a te, io una mano te l’avrei data sicuramente”.


Giordano

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