I primi 7 anni di vita, trascorsi nella Cascina Canova dove sono nato (distante solo 2 km da dove adesso risiedo), sono stati indubbiamente i più felici della mia vita. Sarà perché l’enorme cortile era pieno di animali liberi (galline, polli, galletti Mericani’, tacchini, ecc ecc), o forse perché il cascinale era completamente chiuso attorniato da stalle e portici, mi dava una sensazione di sicurezza, come d’essere in una fortezza, oppure sarà stato anche per la sua altissima colombaia che svettava in cielo come fosse la torre di un castello facendomi fantasticare su storie di re e regine. Sta di fatto che mi sono sempre sentito felice; a completare il tutto, la compagnia dei bambini della cascina poco più avanti la nostra che spesso venivano a trovarmi per giochi spensierati. Di tutti gli animali del cortile (ed erano veramente tanti), si occupavano mia mamma e mia nonna Elena, mentre dei bovini (razza da latte), nelle varie stalle, si prendevano cura mio papà e il nonno Oddone. Ogni giorno passavo in stalla per vedere gli animali e salutare il mio papy, il quale, appena arrivavo, cominciava a spiegarmi cosa stava facendo ed il perché: “vedi Giordano, prima di mungere bisogna portare fuori il letame con il carretto, poi sa ga fa lett (si rifà il giaciglio) con la paglia, infine riempiamo la mangiatoia di buon fieno e dopo iniziamo a mungere”.
-“Papà, avete attaccato le tabelle con i nomi davanti alle vacche, perché?”
-“Bravo Giordano, ci hai fatto caso, là sopra scriviamo la data della fecondazione così sappiamo quando la vacca partorisce; ogni animale ha un nome dedicato: questa si chiama Bianca perché non ha nessuna macchia, questa Fontana perché fa una marea di latte, questa Giraffa perché è molto alta, questa Gina perché ha una mammella gigantesca come la Signora che…. Senti Giordano, questa te la spiego quando sei più grande il perché.” La mungitura delle bovine veniva effettuata alle 03.30 di notte e alle 15.00 del pomeriggio, nonostante non ci fosse ancora l’energia elettrica (la corrente alla Cascina Canova arrivò quando io avevo 5 anni), mio papà mungeva già da qualche anno con la mungitrice meccanica, grazie ad un motore a scoppio che faceva girare la pompa del vuoto e manteneva la depressione nei tubi dell’aria, posti sopra la mangiatoia.
Per accendere il motore veniva usata un’apposita corda lunga circa un metro, ad una estremità c’era un grosso nodo, dall’altra parte c’era legato un bastoncino che fungeva da maniglia; si infilava il nodo nella fessura del volano, si attorcigliava la cordicella più volte sul volano stesso e si strattonava a tutta forza la maniglia. Solitamente il motore partiva al terzo colpo, al quarto a mio padre scappava già qualche bestemmia, che diceva stretta fra i denti (perché io ero presente), all’ottavo strattone a vuoto, il papy mi faceva cenno di tapparmi bene le orecchie con le mani, e poi cominciava: “ta vegne un canch… fiol de na putt…. ecc ecc ecc”.
Io morivo dal ridere, ma dovevo stare serio perché lui stava tribolando, allora mi giravo dall’altra parte e mi sganasciavo; finalmente, dopo tanta fatica, il motore partiva, mio padre strattonava con rabbia l’acceleratore, sembrava stesse tirando la coda ad un leone e lui ruggiva: braum braum braum, una nube di fumo ci avvolgeva, poi lo sistemava a tre quarti di giri, usciva dalla stanzetta dov’erano sistemati il motore e la pompa del vuoto, con il viso rosso bordò per la fatica (e la rabbia), prendeva il secchio della mungitrice ma prima di entrare in stalla a mungere si volgeva verso di me con un grande sorriso: “hai visto che è partito? Nella vita ci vuole perseveranza, ma soprattutto pazienza e calma, perché la calma, e questo ricordatelo sempre, è la virtù dei forti !!”.
Giordano