A volte mi chiedo se siamo inebetiti e anche un po’ inebetenti su quanto ci circonda, ci avvolge, ci lascia permanentemente intossicati dalle nostre stesse tossine. Siamo così fraudolentemente invasi e pervasi da una comunicazione a dir poco borderline e da una informazione costantemente alla ricerca di superlativi assoluti che l’indignazione sta ben segregata nelle carte del baro turno. Negli States trucidano un altro afro americano, lo sbattono a terra, con le mani dietro la schiena, ammanettato, ma non perché armato, violento, in procinto di fare chissà che, soltanto perché tossico e un po’ recalcitrante a sottostare ai comandi impartiti. Dunque per questo meritevole di garrota lenta e soprattutto definitiva, e cosa non di poco conto, spettacolo elargito agli occhi di tutti, come a dire va bene così, come quelli che finiscono in galera, non sono più cittadini, neppure esseri umani, ma cose, oggetti, indifferenziata da eliminare in fretta. In questo caso, forse c’è qualcosa di più e peggio, del delirio di onnipotenza, che spinge all’omicidio, alla tortura, all’estinzione della più remota e tumefatta umanità. C’è la mera ideologia del razzismo radicato più ancora delle leggi, delle norme, della morale che veste i panni del moralismo e comporta la perdita di memoria, un salto all’indietro nella caduta più rovinosa.
Grande America, siamo tutti estimatori della grande mela, del sogno americano, della giovane democrazia esempio planetario di intelligenza, diritti, giustizia. Gli esempi sono tali perché autorevoli, perché giusti, perché senza se e senza ma dall’altra parte di ogni ingiustizia. In questo caso un po’ meno, in questo caso ha soprattutto poco da insegnare a noi, agli altri, neppure a se stessa come nazione dei bisonti che non ci sono più, ma non per colpa dei pellerossa.
Un altro afro americano è stato cancellato, in live, sotto lo sguardo di ognuno e di ciascuno, perfino l’audio chiaro e forte di chi lamenta una pietà negata, le parole di aiuto inascoltate, la morte incombente, nella feroce e incredibile volontà di uccidere un uomo indifeso, impossibilitato a qualsiasi azione.
Sto morendo, sto morendo, a scuotere le coscienze, non il nero che ingiustamente non c’è più, ma le giustificazioni elargite indegne, le difese improponibili, disegnando artificiosamente e ancor più colpevolmente la dubbiosità di una morte a parer di qualcuno inspiegabile. Asfissia da posizione, un’apnea asfissiante davvero di termini scientifici e parole altisonanti per opporre cavillo su cavillo a un omicidio più chiaro della Giustizia stessa, che ancora una volta non farà il suo corso, né vedrà riconosciuta la sua equità nell’accompagnamento a difesa dei diritti inalienabili di qualsiasi cittadino. Checché qualcuno pensi diversamente: la giustizia è tale perché veste i panni opposti e contrari a qualsiasi in-umanità, perché mai complice né corresponsabile della sua prevaricazione ed eventuale sopruso.
Vincenzo Andraous