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“Capitano della mia anima” di Gianmaria Spagnoletti

In questo numero vi presentiamo uno scrittore esordiente, Gianmaria Spagnoletti di Ghedi (Brescia), che ha voluto dare una testimonianza di vita attraverso il suo primo libro, intitolato “Capitano della mia anima”, pubblicato dall’Editrice Massetti Rodella di Roccafranca (BS) e che verrà presentato ufficialmente alla fiera del libro “Librixia” il prossimo autunno.

La prima impresa della vita è nascere.
La seconda è sopravvivere.
Questa è in sintesi la storia di Peter, un “giovane dei nostri tempi” che, appena dopo esser venuto al mondo ha il suo primo “incontro con la morte”: una circostanza fortuita imprime alla sua vita una svolta imprevista che la segnerà per sempre. E Peter si troverà per sempre a fare i conti con un corpo che a fatica gli ubbidisce: non può correre, non può saltare, ogni movimento gli costa uno sforzo incredibile.
È un problema, quello del limite fisico, che inizialmente lo abbatte, ma poi diventa la sua sfida, educandone la forza di volontà nella vita, nello sport, nell’amicizia e nell’amore.
Senza farsi fermare dagli inevitabili fallimenti, Peter riesce nell’obiettivo di far diventare quell’ostacolo una risorsa che lo rende più forte e determinato persino dei cosiddetti “normali”. Senza curarsi del giudizio degli altri, Peter cerca di trovare il suo limite per superarlo. E riesce a dare un senso anche al suo corpo “storto”, a quell’incidente senza un “perché” che lo ha reso imperfetto.
“Non importa quanto sia stretta la porta, quanto impietosa la vita: io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima” .
(Dalla presentazione del libro sul sito dell’Editrice).

Abbiamo voluto rivolgere alcune domande all’Autore, che ci ha risposto volentieri. Gianmaria, chi è questo Peter, protagonista del romanzo?
Peter è il personaggio a cui ho affidato pensieri e riflessioni in libertà. Sicuramente è un mio alter ego, ma volevo anche che fosse “uno qualunque” per poter raccontare le esperienze della mia vita, ma in modo che qualsiasi lettore possa riconoscersi.
Come mai hai deciso di scrivere un libro?
Devo premettere che il fatto scatenante di tutte le mie azioni è accaduto il primo giorno della mia vita: per un colpo di sfortuna ho sofferto di un’asfissia nell’incubatrice e questo “incidente” mi ha lasciato con un impedimento fisico che mi ha reso leggermente claudicante. Eppure, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, sono riuscito ad avere lo stesso una vita bella, movimentata, intensa. Mi sono messo a scrivere perché da sempre sognavo che avrei scritto almeno un libro; perché ero convinto di avere una bella storia da raccontare; e anche per dare una testimonianza di vita. Infatti mi spaventa che si stia affermando una logica “pro-morte” per cui venga ritenuto più conveniente sopprimere il paziente che non curarlo. Non oso pensare cosa succederà se continueremo ad alzare l’asticella delle vite considerate “degne di essere vissute”.
Che cosa ti porta a cercare l’avventura nonostante il tuo fisico non ti dia sempre libertà di movimento?
In breve ti posso dire che le motivazioni sono queste: mi dà fastidio che la gente comune, nel vedere uno che non cammina normalmente, dica “poverino!”. Come se fossi un appestato. Ma in realtà io sto benissimo e non cambierei la mia vita con una diversa o con un corpo più agile. Io sono sempre pronto ad affrontare un volo in aeroplano o una salita in montagna. Anche se purtroppo non mi riesce di arrivare fino in cima, ho bisogno di sapere che nulla mi è precluso finché le forze mi accompagnano e finché non c’è rischio per la vita.
Io sento di aver fatto una conquista importante accettando il mio stato e pensando che, nonostante tutto, nulla era impossibile: ho girato mezzo mondo, ho percorso difficili sentieri di montagna, sono stato sugli sci e persino su un aereo da acrobazia. Cose da “scavezzacollo”, insomma. Quello che mi ha aiutato a non abbattermi, a fronte di una prospettiva che non comprendeva una guarigione ma solo dei miglioramenti, sono state alcune cose: le amicizie, la fede, gli amori, il fatto di non tirarmi mai indietro, e inoltre, la coscienza di aver avuto un’ infanzia felice accompagnata dall’affetto dei miei genitori e familiari: mai, proprio mai, mi hanno fatto sentire diverso o “sbagliato” per come ero. Poi ho avuto anche tanti esempi di persone che sono peggio di me, che però sapevano e sanno vivere la propria condizione serenamente. Se devo citare dei famosi ti nomino Antonio Guidi, Alex Zanardi o Christopher Nolan, lo scrittore tetraplegico autore di “Sotto l’occhio dell’orologio”. Poi tanti altri meno conosciuti che ho avuto il piacere di incontrare. E in mezzo a tutte le mie avventure e disavventure, c’è sempre stata la ricerca di senso della vita, che significa anche amore per la letteratura e la poesia.
Qual è il ricordo più bello che hai voluto inserire nel libro?
Ci sono diversi ricordi molto belli: i momenti dell’infanzia passati insieme ai miei genitori e nonni, specialmente quando mio nonno metteva il granturco ad asciugare nell’aia di casa e tutti noi gli davamo una mano a stenderlo in cortile.
Quali sono state le maggiori difficoltà nella scrittura del libro?
La più grossa difficoltà è stata senza dubbio raccontare di sé, andando a scavare nei ricordi
e riportando alla luce fatti che a volte fanno male, o comunque sono personali, e quindi non sono cose che normalmente si raccontano a tutti. Inoltre mi sono impegnato a cercare di rendere la storia avvincente per far rimanere il lettore “incollato” fino all’ultima pagina.
Un’altra è stata la “sindrome da pagina bianca”, che puntualmente arriva nel bel mezzo del lavoro, e da cui sono venuto fuori con l’aiuto di qualche amico che ha contribuito con dei consigli preziosi.
Infine, quale messaggio vorresti lanciare ai genitori di bambini nelle tue stesse condizioni?
Spero di poter dare una speranza! Ai bambini voglio dire: non mollate. E ai loro genitori: amate i vostri figli così come sono. Non preoccupatevi troppo, vedrete che troveranno una strada nella vita anche nelle loro condizioni. A tutti gli altri bisogna dire di non guardarli come se avessero la “coda” perché possono insegnare che la felicità o il successo non stanno nella “perfezione” fisica.
Presentazione dell’autore
Gianmaria Spagnoletti è nato a Brescia nel 1983 e ha sempre vissuto nella Bassa, a Ghedi. Dopo aver conseguito il Diploma di Maturità Scientifica si è laureato in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Attualmente lavora come impiegato in una azienda di Travagliato (BS).
Segnato nel corpo da un drammatico “incidente di percorso”, tuttavia non si è fatto abbattere e oltre allo studio ha coltivato l’amore per la vita all’aria aperta, in special modo per le camminate in alta montagna e per il volo sportivo. Ama la buona compagnia, ma è a suo agio anche nella solitudine; ha viaggiato in molti Paesi, ma con il cuore sempre indissolubilmente legato alla sua terra. Dopo anni passati fra studio e lavoro ha finalmente realizzato il sogno di scrivere un libro, nella speranza che la sua storia avrebbe dato conforto ad altre persone in una condizione simile alla sua.

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