Ciò che avremmo voluto essere e non siamo stati, ciò che avremmo voluto vivere e non abbiamo vissuto, ciò che abbiamo desiderato e non è arrivato: sono le porte chiuse della nostra vita e non sapremo mai come sarebbe stata se…
Sono porte che si sono chiuse perché altre si sono aperte, escludendo tutte le altre possibili.
Non siamo più il caos primigenio, che ha tutto in sé e nulla fuori. Non siamo più cellule staminali pluripotenti: la vita è frutto di differenziazione. Il paradosso è che il tutto non è ancora nulla, se non in potenza. È solo il limite che dà la vita, che ci rende ciò che siamo, unici nella nostra incompiutezza. La forma di una vita è ricchezza e povertà, perché siamo ciò che è nato dalle potenzialità che si sono realizzate e dalla perdita di possibilità che non hanno visto la luce.
Siamo forme che si plasmano in continuo, e la vita è scalpello che incide, toglie via. Speriamo sempre che la vita sappia ben scolpire.
Che poi non si sa mai se da un colpo sbagliato non possa uscire una forma inaspettatamente bella e da un colpo dolce una forma insipida. Forme abbozzate meravigliose, forme finite che non scaldano l’anima.
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