“Abbiamo ancora tempo,
forse una generazione
per salvare l’ambiente in cui viviamo
dai disastrosi effetti della violenza
alla quale l’abbiamo sottoposto.”
(B. Commoner)
In che cosa consiste questa “violenza” a cui abbiamo sottoposto l’ambiente? Gli elementi più evidenti sono l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, distruzione di boschi, di colture, di specie animali, costruzioni di agglomerati urbani a base di cemento e asfalto su grandi aree, scavi irrazionali, eccessivo uso dell’acqua con impoverimento delle falde idriche. Spesso quelle che consideriamo calamità naturali (straripamento dei fiumi, smottamento di terreni, frane, valanghe, ecc…) sono solo conseguenze del nostro mancato rispetto per la natura, poiché il taglio indiscriminato dei boschi, la deviazione dei corsi d’acqua, ecc… pongono le premesse di queste calamità. E tutto ciò è riconducibile al progresso della tecnologia che, troppo spesso, studia rimedi ai mali presenti senza prevedere i danni che tali rimedi possono arrecare all’equilibrio ecologico.
Se la tecnologia è la principale responsabile di questo stato di cose, dobbiamo allora desiderare un ritorno alla vita agricolo-artigianale di un tempo per salvarci?
Sarebbe purtroppo impensabile, poiché oggi le industrie danno lavoro alla maggior parte degli uomini e offrono quei prodotti di cui non siamo più capaci di fare a meno.
Il problema dunque che dovranno studiare gli scienziati è cercare proprio in quella tecnologia che ha fatto tanti guai, i mezzi per produrre energia inquinando meno l’aria e le acque, per depurare laghi e fiumi, ricostruire foreste, salvare le specie vegetali e animali in pericolo di estinzione… Ma abbiamo poco tempo e questi studi sono lunghissimi, poiché le nostre coscienze sono ancora molto limitate e lo dimostrano coloro che hanno creduto di aver trovato soluzioni tecnologiche e hanno invece prodotto solo danni e causato disastri…
Ma ciò che preoccupa di più è la coscienza di quelle persone che, nel loro piccolo, se ne fregano altamente della natura e dell’ambiente. E’ di questo che dobbiamo preoccuparci, come possiamo migliorare l’inquinamento su scala mondiale se noi stessi, nel nostro piccolo, commettiamo ogni giorno queste violenze contro il nostro habitat naturale? Occorre allora una coscienza comune dell’esistenza del problema ed un senso di responsabilità di ognuno di noi partendo già dalla piccole cose…
“Per fare del male non serve uccidere,
basta gettare un pezzo di carta in un prato”
è lo slogan che accompagna New Entry fin dalla sua nascita (17 settembre 1994) e non possiamo altro che riaffermarlo, poiché secondo me è dalle piccole cose che possiamo migliorare questo nostro mondo un po’ malandato dove noi uomini, a causa della continua ricerca di benessere e di potere, siamo riusciti a far scomparire le stagioni, a trasformare l’aria in un miscuglio di sostanze tossiche, ha colorare il mare di nero che odora di morte!
Ma è la mentalità comune che fa rabbrividire: “Cosa vuoi che siano due sacchi e un bidè ai bordi di una strada a differenza delle fabbriche che inquinano giorno e notte senza che nessuno dice niente?”
Questa affermazione può essere anche vera ma non per questo noi abbiamo il compito di peggiorare la situazione; dobbiamo essere in grado di dare il buon esempio a chiunque e a chi soprattutto verrà dopo di noi. Bisogna anche specificare alcune questioni a livello di comuni: alcuni di essi applicano delle tariffe dove in base a determinate caratteristiche familiari si paga una determinata tassa sui rifiuti indipendentemente da cosa essi siano (esempio: portare un televisore in discarica equivale a portare un borsa piena di carta) mentre altri comuni hanno deciso di applicare una regola nella quale si determina che ogni cittadino paga in base al peso di ogni rifiuto che porta in discarica.
Quest’ultima opzione, pur essendo concettualmente valida (è giusto che io porti un televisore e pago tot a differenza di un altro che porta una scatola di cioccolatini) ha il suo rovescio della medaglia risultando molto pericolosa proprio a causa del nostro poco rispetto per la natura e per l’attaccamento frenetico al denaro. Difatti, uno che deve portare in discarica un bidè, visto il peso, dovrebbe pagare una determinata cifra e quindi preferisce magari gettarlo ai bordi della strada o in una scarpata per evitare qualsiasi pagamento.
E’ questa la realtà dei fatti e affinché non ci sarà una controtendenza forte, una coscienza, una mentalità nuova, tesa a impegnarci in prima persona sui problemi dell’ecologia, sarà sempre più difficile se non impossibile recuperare l’ambiente perduto…
Un impegno questo che deve essere accompagnato anche da una certa educazione, in prima linea dai genitori ma anche dalle scuole dove continuano ad insegnarci e ad imbottirci di nozioni su come è costituito l’ambiente e la natura quando poi non siamo in grado di rispettarla e custodirla!
Gianluca B.