Una storia sussurrata
a piccoli passi.
Racconto.
Il tempo passava, io crescevo e lui anche ed era diventato per altezza e corporatura due volte suo padre. Passando, a volte incontravo il suo sguardo severo, quasi ad ammonire la mia furtiva curiosità infantile.
Intuiva guardandomi, che anche una bambina così piccola si fosse accorta di quel segreto. Spesso nascondeva il bambino girandolo dietro di sé, facendolo passare da un braccio all’altro. Nel frattempo nella loro famiglia era nato un altro bambino malato. La sorella cresceva e non aveva molti amici. Mi raccontava il suo disagio nel dover presentare a chicchessia una situazione familiare così complessa.
Intanto i genitori erano sempre più vecchi e più stanchi. Lei viveva per lo più blindata in casa, prigioniera della madre e della sua stanza.
Un giorno mi confidò che i fratelli erano affetti da una cosa che si chiamava “Autismo”. Mi confidava, che nessuno l’avrebbe mai sposata con una genetica simile e lei stessa, aveva il timore di generare dei figli come i suoi fratelli. Di lei non seppi più nulla e dei ragazzi malati si diceva che fossero stati affidati ad un Istituto.
È il 1994 ho trentaquattro anni e aspetto un figlio, è una bambina. Ricordo che una sera guardando un film, assisto alla trama della storia di una famiglia nella quale una bambina di circa cinque anni, diventa autistica. Fui presa da sconforto e pensai che io, ad essere la madre di una bambina autistica, proprio non c’è l’avrei mai fatta. Mia figlia è nata in cinque minuti, tre kili e centocinquanta grammi, bianca e rossa con due grossi occhi azzurri, proprio bella, come i neonati della pubblicità. I mesi passavano e mi accorsi che dopo le prime vaccinazioni dormiva troppo e muoveva le manine in modo strano. Osservazioni comunicate meticolosamente alla pediatra: “Qualcosa non andava”, ma lei prendendo nota, diceva che ero particolarmente apprensiva e che tutto si sarebbe sistemato nel tempo.
continua-3