Nell’ottava di Natale si ricorda la strada degli innocenti. Non avevo voce quel giorno, ma anche l’avessi avuta la lettura mi sarebbe andata di traverso. I Magi avevano ingannato Erode. Tornarono al loro paese per una strada che non passava da Gerusalemme. Al momento Erode aveva dimenticato la visita di questi sapienti, ma dopo due anni la memoria si è risvegliata. E allora, a Betlemme, ha fatto uccidere tutti i bambini sotto i due anni per essere sicuro di uccidere anche quel bambino di cui si era tanto parlato. Uomo spietato Erode. Pensare che poi è morto con i vermi che mangiavano la sua carne prima ancora che fosse sepolto è una consolazione magra. Ha usato il potere spreendo il sangue della sua famiglia, dei suoi figli, del suo popolo ed è diventato l’immagine di ogni crudeltà che il potere malato può permettersi. E su tutto questo commuove il pianto di Rachele: “Un grido si è udito in Roma, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non ci sono più”. Il pianto disperato c’era prima ma Rachele continua a piangere anche oggi. Un senso di ribellione impotente mi fa tremare pensando a quanti piccoli innocenti, travolti in guerre, bombardati, feriti fanno rivivere il grido di Rachele. Bambini che vengono uccisi ancora prima di nascere. Forse siamo seduti inconsapevolmente su un mucchio di bambini morti. Mi sveglio di notte pieno di sudore. Come si può continuare così?
Don Bruno