Si colora di rosso la rabbia, sino a divenire follia cieca, ribelle, esigente. Mille i cavilli, mille i paletti, dilemmi, incertezze che dilagano, affondano, riemergono rinnovati in ardore e forma.
Insicurezze che fanno tremare, ansare, sospirare, di rabbia urlare sino a rigettare nel mondo tutti i demoni. Uffici scolastici regionali imbrattati di perbenismo, voci smunte, flemmatiche nascondono indifferenze. Amministrazioni comunali ridotte all’osso, “costrette” a recidere, tagliare, ridimensionare, affilare, detrarre.
Assegnazioni di reggenza di dirigenti scolastici incerte, traballanti, rimandate di giorno in giorno, con indifferenza come se nulla fosse, come se tutto prima o poi nell’incuranza dovesse per forza trovare assestamento, via d’uscita, un posto.
Insegnanti precari, troppo precari, dai capelli canuti, la mente stanca, come marionette spostate di volta in volta. In un girotondo d’immagini e di colori a chi spetta trarre le fila? Chi redige? C’è un regista o tutto viene affidato al caso? Chi ne paga le conseguenze? Chi ne sorbisce i danni?
Di certo gli allievi e con loro le famiglie, l’intera società. Se poi si incappa nella fragilità, sono dolori amari!! Battere la testa, spiegare, mettersi a nudo, cercare di far capire le ragioni. Nulla di nulla. Alle dottoresse dell’ufficio scolastico di Milano un appello che vuole essere chiaro, esplicito.
Se un genitore si rivolge di certo non lo fa per gioco o per perder tempo ma per bisogno di confronto e di aiuto. Mancanza di tatto fanno si che alle molteplici richieste non seguono risposte, assoluto il silenzio che dilaga generando solitudine e mancanza.
Per educazione, un rigo potrebbe forse riallacciare fila, mettere in contatto. Per costruire, gettare seme fertile, per il bene dei figli.
Quand’anche, più volte hai battuto la testa, fasciato le ferite, atteso, ripreso la corsa, nel momento in cui ansante, speranzoso innanzi ti metti ecco giungere una dottoressa, una fra le tante, magari raccomandata, pagata dai cittadini italiani, fasciata di seta, dal viso imbellettato risponde che “Troppe sono le richieste dei genitori. Non si può rispondere.”
“Per educazione due righi di risposta non le sarebbero costati nulla”, ho ribattuto.
Tanto si parla di collaborazione educativa e poi si cade in un tranello, in un perbenismo fatto di paletti, di assegnazioni, di scale sociali.
Permettete una parola.
Siamo genitori, è vero, a volte insistenti, audaci, coloriti; nel cuore un mare di speranze e di sogni; un mondo da costruire, migliore se volete, di confronto e di scambio non di “Se vuole venire in ufficio si rende conto della massa di lavoro che abbiamo!!” in risposta “Mi creda, se potessi verrei, farei pure il piantone. In mancanza di questo, non mollo”.
MILENA, LA MAMMA DI VITTORIA E DI CELESTE