L’8 marzo, festeggiato in Italia dal 1922, ricorda la lotta per rivendicare diritti sociali e politici delle donne, relegate al ruolo di mogli e mamme, poco o nulla tenute in considerazione sia in casa che nella vita al di fuori della famiglia. Ricorrenza che negli anni ha perso molto del suo significato, fino a ridursi purtroppo in una cena fra amiche, spesso con contorno a luci rosse…sic! Sempre più pressantemente, secondo me, bisogna ricordare, quante donne ogni giorno muoiono ammazzate nei modi più brutali e impensabili da ex mariti e fidanzati incapaci di accettare che un amore finisca. Ma non basta ricordare, bisogna affinare l’attenzione quando si incontrano situazioni a rischio, consigliare le donne a chiedere aiuto prima che sia troppo tardi. Ma anche questo non basta: servono leggi che permettano alle forze dell’ordine di arrestare uomini pericolosi prima che compiano delitti irreparabili, servono leggi che davvero proteggano le donne, servono pene severe che rassicurino le donne disposte a denunciare violenze . Serve sicurezza , ma non solo a parole e non solo l’8 marzo, perché di femminicidi ne è pieno il calendario, purtroppo. Sembrerebbe scontato ricordarlo, ed è raccapricciante vedere targhe come questa, ma giusto, per mantenere alta l’attenzione su fatti di cronaca che rischiano di passare tra l’indifferenza e l’abitudine. I numeri sono impressionanti, in tragico aumento e la Lombardia è purtroppo tra le regioni in testa alla triste classifica
Normale chiedersi: ma cosa sta succedendo agli uomini? Quale amore malato provano per le donne che uccidono, quale amore morboso li spinge a gesti così estremi? Una volta i maschi –padroni comandavano donne sottomesse, che subivano in silenzio, sia per l’educazione morale che imponeva loro la superiorità maschile, sia perché molte non avevano alternative, in una società maschilista. Oggi che le donne hanno acquistato la meritata dignità e quasi parità in ogni campo, i maschi forse hanno paura per aver perso potere. La consapevolezza della forza delle donne, evidentemente, in uomini che non meritano di essere chiamati tali, li fa sentire in diritto di ucciderle quando pretendono la loro libertà, o sono d’intralcio a loro tresche extraconiugali, o sono in lotta per l’affido dei figli a seguito di separazione. Le situazioni sono spesso tragicamente simili e altrettanto tragico è l’epilogo. Pene certe per questi assassini, possibile che non si possano attuare? Cosa vale la vita di una donna? Cominciamo noi donne a insegnare ai figli maschi, fin da piccoli, il significato di rispetto per le loro compagne di scuola, visto anche i numerosi episodi di suicidi per bullismo; a farci rispettare in famiglia, primo luogo dove l’esempio vale più di mille parole, non permettiamo a nessun uomo di farci violenza, né fisica, né psicologica! Non vorremmo più che ci fosse bisogno di targhe come questa….
Ornella Olfi