L’inverno mette a nudo le forme e l’essenza. Forme crude, nette, dolenti, tese verso il futuro, inconsapevoli delle foglie che verranno. In inverno gli alberi mostrano una bellezza non immediata, all’apparenza respingente. Gettata lì sotto gli occhi di tutti eppur nascosta. Più che gettata, quasi ostentata, incurante del giudizio altrui. Mi ricordano quelle persone anziane, fiere, che mostrano i loro volti rugosi come sfide: rughe che si presentano senza mediazioni, biglietto da visita di una vita vissuta, e che fin lì è arrivata. Dunque rami fieri. Contorti dalla ricerca di luce e di spazio per espandersi. Rami solidi, rami incerti, rami esili…
Tutti rivolti verso la vita: verso il cielo, verso la terra. Mi sento in sintonia con questi rami. Negli anni sono diventata anch’io più essenziale. Amo la sostanza, spiccia, diretta… Apprezzo le fronde, il fogliame lussureggiante che rende sopportabile il sole, dona frescura, gioia, sa di vita nel suo splendore. Ma è facile amare la bellezza così dispiegata. Più difficile amare le rughe, trovare la bellezza nei volti segnati delle persone normali. Gli alberi in inverno mi parlano di questo, mi invitano a guardare con attenzione, a non correr via con sguardo frettoloso, che rimbalza via, respinto dalla durezza. Oltre la durezza si apre un mondo, che mi incanta. Appoggio la schiena ai tronchi e guardo in su, e trovo quei grovigli bellissimi.
Silvia