Sul tema Ateismo e Religione, personalmente scelgo da sempre un approccio agnostico, ma mi affascinano ed incuriosiscono tematiche profonde, specie se espresse in termini filosofici. Non significa però, trovare conferme esatte, anzi spesso aggiungono ancora più riflessività e complessità che incuriosiscono ulteriormente.
Non mi piacciono però i dialoghi denigratori, sia dal lato materialista che quello spirituale, dove si tende al più a porre in termini banali prese di posizione pragmatiche ed in linea con il paradigma odierno, oppure nel banalizzare i temi spirituali, comprese le prese in giro sul paragone del divino con esempi come nonna papera e giraffe nel frigo o elefanti che volano, fino alla domanda retorica sul dio personale giusto o sbagliato. Non saprei spiegare con precisione certe tesi, ma di fronte al conflitto di posizione, che da una parte vede esprimere la tesi sull’ordine (progetto prestabilito) e dall’altra il caos, inteso come movimento senza arbitrio nel divenire; può anche darsi che l’argomento esuli dal principio di non contraddizione di concezione occidentale consuetudinaria. Cioè, una cosa magari non esclude l’altra. Ponendo la tesi che il tempo non esista come concepito dallo spirito del tempo odierno (cioè inteso come paradigma o visione del mondo attuale), e presupponendo il solo movimento, si può benissimo ipotizzare la sussistenza di un’origine attiva da se, ed un divenire in trasformazione (cioè il movimento) non sempre allineato al progetto consequenziale e necessario derivante dalla causa prima, quindi scontro di forze che possono agire insieme, uguali e contrarie (che metaforicamente in termini religiosi si attribuiscono al bene e al male). Ma questo presuppone la NON onnipotenza dell’energia creatrice, espressione della causa prima, a meno che presupporre la totale noncuranza intenzionale di questa energia autocosciente, riguardo alle faccende profonde umane o addirittura volontarietà nel lasciar correre il male, anche inteso come caos. Sono ipotesi non dimostrabili del resto, ma non è detto che la tesi espressa da me inizialmente (le ipotesi della compresenza di contrari) debbano essere tesi non degne di valore nella ricerca umana profonda. Il concetto di infinito è un presupposto che è difficile eludere, pensando alla causa prima, ma allo stesso tempo mette in dubbio sia la creazione originaria autocosciente, sia la concezione scientifica che si basa sul principio di non contraddizione. Poi c’è la questione del destino, che è presupposto dal credente classico come volontà divina, e che viene chiamato spesso disegno perfetto. Ma, pur potendo trovare plausibile il concetto, che richiama al fatto che la vita non è un ammasso di atomi dovuta al caso, ma un progetto con uno scopo molto più ampio della semplice individualità, ritengo questo fino ad un certo punto. Per quale motivo un uomo non ha il diritto di considerare imperfetto il divenire, dato il male dilagante? Se così fosse, cioè che il tutto risulta indipendente dalla volontà umana, verrebbe meno l’auspicio classico nella bella frase cristiana: “aiutati che Dio ti aiuta”, perchè la verità di questa frase, vorrebbe dire che ANCHE (anche e non solo, tornando al sincretismo della compresenza di contrari) l’uomo è artefice di qualcosa. Lo si dice spesso anche in termini religiosi quando si parla di premio alla buona volontà, quindi è legittimo e verosimile vedere il male come ANCHE (anche non solo) opera di uomini e quindi non cadere nella trappola storica di accettazione passiva del fato indipendente, trappola sempre ben usata dai potenti della terra per demotivare e annichilire le volontà di miglioramento della società tutta, con persuasione e proselitismo al pessimismo Acritico. Sono temi che aprono tante questioni. Io penso che la trappola dicotomica sia uno strumento da sempre molto potente, perché impone una concezione statica della realtà che ritengo falsa. Non è detto che una tesi annulli il suo contrario, possono coesistere dato il tempo, cioè il movimento, innumerevoli circostanze che alternano contrari o addirittura li fanno coesistere, in realtà dello stato di cose presenti, in luoghi diversi. Comunque sono ipotesi di cui non so nulla per certo, ma plausibili, solo che anche quella ipotesi che una cosa non escluda l’altra (lo ammetto, sono simpatizzante del sincretismo o equilibrio dei contrari, che è semplice simpatia e non fede acritica), è posizione degna di valore, in egual modo degli estremi contrari.
Poi io non lo so, da agnostico, però mi affascina la ricerca filosofica, anche se non porterà a nulla di “oggettivo” in me, non è di fondamentale importanza. Magari lo stesso entusiasmo, piacere e bellezza della ricerca è già una “oggettiva” meta e risultato bastante a se stesso. Un appunto, sono un grande estimatore del messaggio di pace di Gesù, specie nell’interpretazione data da Hegel nel suo “vita di Gesù”. Al di là della sua esistenza storica effettiva, prove contro prove ecc… che è argomento che non trovo di fondamentale importanza nella ricerca filosofica e spirituale, per me resta un simbolo “rivoluzionario” molto potente anche oggi nella visione del mondo odierna, rivolta al darwinismo sociale, che domina e che attribuisce valore quasi solo ad alcuni parametri (efficenza tecnica/ utilità materiale/ pragmatismo assoluto/ bellezza fisica) che pur importanti da riconoscere sono “parte” di altri che meritano uguale dignità e riconoscimento di valore (umiltà/ empatia/ tolleranza ecc…) di cui l’esempio e simbolo di Gesù è portatore, quindi INSIEME di valori, non esclusione. Mi si dirà che tanti altri profeti hanno espresso idee simili e lo so bene, difatti rispetto anche altri culti e lo riconosco, ma non ho timore ne ritengo un male essere influenzati, in leggera e innocua preferenza intima, dalla tradizione del paese di origine, lo comprendo, non ne faccio un assoluto ma con questo esprimo anche il rispetto per le tradizioni innocue native come diritto di scelta razionale. Uno dei suoi messaggi simbolo “rivoluzionari”, a mio parere, è quello per cui chi nasce senza talenti particolari, o semplicemente vorrebbe dedicare la sua vita ad una attività semplice e piccola, diciamo pure la maggior parte delle persone… è degno di merito (diritto) di comunque avere una vita dignitosa (magari sobria nei beni materiali, ma comunque non di miseria e disperazione) ed essere ugualmente rispettato per dignità in quanto essere umano, quantunque non facesse del male a nessuno e di indole pacifica. E’ il principio che non vede legittimo considerare inferiore tout court questa condizione comune, quando non si eccelle nelle arti e mestieri, ma solo diversità o peggiore caratteristica ma solo in determinate abilita non necessariamente determinanti alla elevazione del valore umano universale. Riguardo ai privilegi da combattere della istituzione Chiesa nel “pubblico” o società civile, a me sta bene tutto idealmente e comprendo la buona fede di tanti portatori di proteste verbali in questo senso.
Mi piace però ricordare che a livello mainstream, pubblico, di risonanza mediatica, quindi non in chiacchierata tra amici, quelle critiche esistono e sono forti, ma non altrettanto con altri poteri di privilegio storico esistenti oggi (bancario / finanziario /scientista ecc…)
Insomma a livello di media ci stanno sempre due pesi e due misure per l’opinione pubblica, e questo riflette scontri di potere che cambiano a seconda delle contingenze storiche. Io ritengo probabile la NON onnipotenza della divinità, qualora essa esistesse/esistessero (e sono abbastanza agnostico ma possibilista in termini ontologici e probabilistici). Probabilità ipotetica anche se non certezza, consapevole dei limiti dello spirito del tempo che mi condiziona.
Uno di quei limiti (che in questo frangente non sempre prende il significato di aggettivo dispregiativo) è la concezione, umana e naturale insieme, del giusto e sbagliato, cultura che viene appoggiata proprio dalla tradizione del libero arbitrio di religiosa memoria, concezione che può unire più che dividere, su alcuni principi cardine, in comune più o meno a tutti, quindi cercando condivisione a maggioranza, e NON imposizione individuale (che poi sarebbe uno dei principi democratici) Questi limiti sono legittimi da parte mia, quando si ritiene che il male è sbagliato a prescindere ed è inaccettabile, dal mio punto di vista, che una fede sul divino lo possa considerare giusto anche se contestualizzato in un disegno più immenso non capibile.
Quella del disegno più grande non capibile è stata la scusa millenaria dei potenti verso i popoli oppressi (e chi li aiutava) che osavano alzare la testa nei confronti di barbare abitudini millenarie schiaviste. Cosa che se da un punto di vista religioso diventa “cattiva” (quella degli oppressi che alzano la testa) forse può significare che in verità, non c’è quell’onnipotenza totale sbandierata, e…metaforicamente, è il demonio stesso che ha superato il divino e si è di lui travestito. Ergo, certezze non ci stanno, e non ci stanno neppure riguardo al fatto che l’uomo debba consolarsi di fronte al male pensando ad un benefico disegno assoluto non capibile. L’ideale è un equilibrio psico fisico tra i due opposti: La legittima rabbia – La legittima pace
La questione della giustizia divina come destino fatalista e necessario non la condivido, perché presuppone un destino come indipendente dall’azione umana, presuppone una giustizia che, in assoluto (forse parzialmente si) non vedo, non sento, non concepisco. Allora una cosa può anche esistere al di là della mia comprensione, può essere…però nessuno è obbligato a riconoscerne autorevolezza e legittimità Acritica.
Ed ognuno liberamente penserà quello che vuole. Storicamente e allo stato di cose presente, è lo stesso argomento (quello della giustizia divina) di chi attua ed ha attuato innumerevoli soprusi con questa ed altre scusanti. E non ne faccio un unicum dei soli vertici della chiesa cattolica, anzi, e lo stesso non elevo i popoli a giusti e buoni a prescindere. E’ sbagliato, a mia opinione, classificare categorie (élite / popoli) come compartimenti stagni senza distinguere chi e come nel dettaglio. Nei fatti storici innumerevoli persone senza colpe rilevanti hanno, ed ancora succede in larghe parti del mondo, patito pene, miseria e morte. Empatia significa anche cercare di proiettarsi nel punto di vista di chi soffre, (e non è buonismo radical chic, quella è la scusa retorica usata per denigrare espressioni di sentimento e ragione umana spontanee).. e magari riconoscere o prendere in considerazione come possibile il fatto che la credenza nel giudizio divino giusto nel lungo periodo, di un progetto non capibile, è condizionata dalla nostra personale esistenza che delinea la sua ermeneutica, e che non è detto sarebbe lo stesso se cambiasse lo scenario per noi stessi, in senso peggiorativo come il male protratto altrove, quantunque ci riguardasse. L’immagine di Dio che piange il suo figlio che si sente abbandonato in croce, assomiglia al paternalismo di certe élite neo aristocratiche, presenti e passate, (e questo non mi quadra) che si auto convincono, a loro insindacabile giudizio, del destino e del bene da loro immaginato per il divenire, nel mentre operano “pensieri ed azioni” al tempo presente che hanno per conseguenza la morte per qualcuno, o le catene mentali eterne per altri. Sul discorso della spiritualità la mia posizione personale è quella di non assolutizzare una sola corrente escludendo le altre, e ritengo che il libero arbitrio di scelta sia libero di decidere autonomamente cosa tenere per se, o scartare sia di una, che dell’altra tradizione. Fermo restando la innocua simpatia più marcata per quella cristiana come eredita nativa.
Non esiste, dal mio punto di vista la pura analisi imparziale perchè viviamo in contesti sociali e storici che ci condizionano. Come Dio, chi può dirlo con certezza? Io credo che spesso si pensa di pensarla in modo diametralmente opposto quando invece non esistono compartimenti stagni totalmente contrari, alcune cose si, alcune altre no, alcune abbastanza, alcune poco ecc..ecc.. e penso che la maggior parte delle persone non sia per niente diametralmente opposta, ma ha tanti punti in comune e forse più quelli in comune che quelli diversi ( quindi NON tutti uguali, ma similitudini). Spesso quella presunta creazione di condizioni che dimostrano una verità sono ermeneutiche relative, che riflettono la propria “Weltanschauung”, e penso che la verità stia nell’insieme, non nella parte che esclude l’altra.
Ma insieme non significa assolutamente annacquamento e inefficacia, anche li dipende da cosa si intende, l’insieme non annulla la parte.
Significa la compresenza nello stesso posto, ed il riconoscimento sia dell’una che dell’altra, appunto insieme. Come due colonne di un tempio, mica diventano una, le colonne, restano sempre due, l’uno è l’insieme, la vicinanza, cioè il tempio.
Ovviamente è una metafora.
Georgejefferson