Ormai con tutte queste esche per la mente e per il corpo è difficile rendersi conto di cosa sia veramente la realtà. Ma, anche chiedendocelo, non riusciamo a dare una risposta precisa perchè futili oggetti e concetti sono entrati anni fa a far parte della nostra vita a tal punto da essere scambiati per “importanti” o “vitali”. Questo concetto è valido non solo con la tecnologia e il materialismo (in senso dispregiativo), ma anche con la religione e persino con la civiltà. Qual’è la realtà? E’ forse quella composta da automobili, strade, palazzi, televisione, avvocati, polizia, criminali, scuole, satelliti e antenne? Certamente lo è, ma allo stesso tempo non lo è per niente. Noi viviamo dentro a questa (relativamente) “nuova realtà”, assai diversa da quella che conoscevano i nostri antenati dell’era AC (avanti cristo) e non possiamo fare nulla per tornare indietro, anche perchè se fosse possibile comporterebbe una infinita serie di svantaggi, come la perdita della medicina, dei trasporti veloci, delle telecomunicazioni, dell’equilibrio sociale basato sulla dipendenza reciproca e moltissimi altri prodotti della razza umana. Il nostro, per quanto possiamo provarci, non lo sarà mai. O meglio, non lo sarà più. Tralasciando quindi gli estremisti e le loro argomentabili teorie, torniamo ora a riflettere sulla consistenza della “nuova realtà”. In cosa differisce? In primis, in una dipendenza dalla tecnologia. Non siamo più in grado di vivere senza psicofarmaci, mezzi di trasporto, lavastovigli, lampadine, e-mail, calcolatrici e tutto ciò che ci permette di agire più velocemente e senza grandi consumi di energia fisica o mentale. Inutile dire il contrario, vivere in una capanna senza ne luce ne acqua sarebbe arduo per noi uomini del futuro.
Ma se, come sostengo, è futile rinunciare alla tecnologia, a cosa serve questa riflessione? A renderci conto di quanto “immateriale” sia la nostra realtà. La materia, che prima consisteva in pietra ed ossa, ora è composta da onde, byte e radiazioni. Le immagini, che prima erano formate da pigmenti su pelle animali, sono diventate prima argento e pellicola e ora sono invece semplici pixel su uno schermo.
Una conversazione prima era necessariamente verbale e fisica tra persone presenti nello stesso luogo, mentre adesso è una semplice voce che ci giunge da molto lontano su un telefonino. Sempre più intangibile, sempre più trasparente, mira forse a diventare simile alle emozioni? Certo che no, sembra essere tutto il contrario. Ogni giorno aumenta il numero delle persone che si lascia andare all’apatia per la mancanza di sensazioni a causa di questa vitrea dimensione, priva di gusto e colore, formata solo dai pallidi riflessi di ciò che era una volta. Siamo esseri attivi, la pigrizia è un vizio che non possiamo sostenere. Ovviamente è piacevole prendersela comoda e rilassarsi, ogni tanto. Ma rilassarsi da cosa? Di fatica ne facciamo sempre meno, grazie alle macchine e alle tecnologie sempre più sofisticate. Eppure la nostra mente è stanca, depressa, assopita. La “nuova realtà” ci annoia e non ce ne rendiamo conto. Così cresce il numero di repressi, di alcolizzati, di malati…
Cos’è rimasto della “vecchia realtà”? Forse l’amore, forse l’amicizia? Forse il terrore? Sono deboli anch’essi, corrosi dalla forza del futuro che tutto invecchia e ogni cosa polverizza. L’amore diventa solo un passatempo, che termina sempre più con divorzi e alimenti per i figli fatti senza voglia di averli. L’amicizia è un prezioso gioiello sempre più raro, si diffonde la bigiotteria. L’odio è in aumento, ma privo di fondamento. Infine il terrore è rimasto anch’esso, ma è l’ombra di ciò che era durante il periodo di fame e pestilenza vissuto dagli antichi: oggi è la paura di perdere il lavoro, di fare un incidente, di non arrivare a fine mese. Tutta un’altra cosa. Siamo arrivati al punto di essere vittime della vita, di viverla in modo passivo, come uno stalliere incapace di domare i cavalli affidatogli. Quante volte durante il giorno guardiamo l’orologio luminoso del nostro cellulare? Troppe per farci credere che siamo semplicemente curiosi di sapere che parte della giornata è questa. Lo sappiamo benissimo che è pomeriggio, perchè abbiamo pranzato e siamo al lavoro. Ci stressa l’idea che non abbiamo tempo per noi e, quando ne abbiamo, non sappiamo che farcene. Abbiamo in testa poche cose che sembrano tante di più. A volte desideriamo stare con gli amici, e allora saliamo sullo scooter e andiamo al bar a guardare la partita. Altre volte vogliamo stare da soli, così accendiamo il nostro lettore MP3 e, in silenzio, fissiamo i muri.
Niente più cinguettii, niente più cielo stellato. E mentre fissiamo lo schermo del nostro computer, come voi ed io stiamo facendo in questo momento, abbiamo l’impressione che il tempo scorra senza di noi e che il tutto sia inutile e inconcreto. Sentiamo il nostro corpo immobile e suoni lontani giungerci alle orecchie dalla stanza accanto, vediamo cupi colori con la coda dell’occhio cieco mentre la nostra mente cessa di temere e di desiderare: semplicemente desideriamo la fatidica scritta, un gigantesco GAME OVER. Se anche questa fosse la morte, non avrebbe importanza; ciò che conta è allontanarsi da questa caotica Las Vegas e starcene tranquilli, magari anche VERAMENTE felici. Siamo giunti al punto che, per un momento, la morte non è più qualcosa di orribile e freddo, di tenebroso e spaventoso. Non ci scoraggia la sua falce arrugginita, ne il nero cappuccio. L’abbiamo sconfitta, eppure non esultiamo. Questo perchè perdiamo la voglia di festeggiare, di agire, di respirare. La “nuova realtà” ci ha estirpato l’anima, e noi abbiamo cessato di vivere molto tempo fa.
Gianluca Boffetti