Aveva scelto di andare a vivere in un posto dove nessuno voleva andarci. Camille Lepage, la fotoreporter francese uccisa in Centrafrica. Perché, diceva “non posso accettare che tragedie passino sotto silenzio solo perché nessuno può ricavarne un profitto finanziario”. Fotografava perché si potesse risentire ciò che il popolo provava, perché i cittadini “si vergognassero del loro governo che sapeva e non faceva nulla”. I suoi lavori sono stati pubblicati su Le Monde, New York Times, Reuter, Bbc, Jeune Afrique. Il suo corpo è stato ritrovato il 13 maggio insieme a 4 cadaveri, nel corso di un pattugliamento dei militari francesi del gruppo anti-balaka nella regione do Bouar. La giornalista, 26 anni, solo da alcune settimane si trovava nella Repubblica Centrafricana al seguito dei miliziani anti-balaka, nel cuore del grave conflitto. I membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno sottolineato che i giornalisti in zone di conflitto sono considerati civili dal diritto internazionale e hanno richiesto indagini al governo centrafricano
E’ inverosimile, solo pensarlo, che si possa perdere la vita a 26 anni per sperare di raggiungere lo scopo di far conoscere al mondo, la cattiveria degli uomini, capaci di soprusi e violenze. Cara Camille, la tua vita distrutta per “un nobile ideale” fa giustizia per i popoli emarginati. Sarai ricompensata in Cielo, dalla mano di Dio. Il profumo di “rosa bianca” si spanderà nell’Universo!.
Nonna Grazia