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I maschi

Sì, lo so. Lo so benissimo. Me lo hanno spiegato Alessandra, Nicol, Gaia, Alessia, Tamara, Paola, Anna e le altre. E poi lo so anche da sola. Perchè io, con loro, ci lavoro. Ne ho sei in ufficio. Sei. Solo a vederlo scritto mi fa impressione.
Hanno un mucchio di difetti.
Innanzitutto sono macchine semplici e sono tendenzialmente preda dei loro bisogni primari. Quando hanno fame, mangiano, quando hanno sonno, dormono, quando dicono “sì”, vogliono veramente dire “sì” e, quando dicono “no”, intendono proprio no e non: “Non credo, forse domani. Cerca di convincermi. Ecco. Non saprei. Vediamo. Prova a chiedermelo di nuovo. Magari con altre parole…”
Loro sono privi di sfumature, non conoscono i grigi, sono diretti, essenziali, primitivi.
Sono incapaci di fare più di una cosa insieme.
Mentre noi ascoltiamo musica, leggiamo un libro, scriviamo una mail, ci mettiamo lo smalto sulle unghie, decidiamo cosa mangeremo per cena e telefoniamo alla nostra amica Martina che forse la sera prima si è fidanzata, loro, al massimo, sono in grado di allacciarsi le scarpe ma senza il doppio nodo perchè non hanno ancora imparato. Sono immaturi, anche a cinquant’anni e non solo a tredici. Faticano a seguire un discorso articolato e complesso e sono dotati di una capacità di concentrazione mai superiore ai sette minuti consecutivi. Hanno un gran senso pratico, ma spesso lo usano a sproposito.
In certi casi sono molto bravi ad eseguire, ma faticano a pensare e ad assumersi la piena responsabilità delle loro azioni. Forse per colpa di un ormone, chiamato testosterone, hanno tonnellate di energia in eccesso che non riescono a spendere in modo efficiente e, tanto meno, intelligente.
Quindi si sfogano praticando attività insensate tra cui calciare un pallone, muoversi scompostamente nello spazio e darsi mazzate. Già, i maschi hanno moltissimi difetti. E altrettanti limiti. E’ difficile capacitarsi di come siano riusciti a metterci i piedi in testa per migliaia di anni, di come spesso ci riescano anche oggi e di come, anche quando non ci riescono, siamo costrette a dimostrare in continuazione quanto siamo migliori di loro. Eppure, nonostante quanto sopra e molto altro, vorrei spezzare una lancia in loro favore. Perchè ci sono, e quindi tanto vale farceli piacere. Perchè, a guardare molto bene, hanno pure loro dei pregi. Perchè senza di loro il mondo sarebbe un posto molto più noioso. Perchè con loro, in fin dei conti, ci si diverte parecchio. Ho convissuto con due maschi – i cugini con cui sono cresciuta fino ai dieci anni  – e uno grande, mio zio, per tanti anni.
Li ho osservati a lungo.
Ci sono andata in vacanza, ho mangiato alla loro tavola milioni di volte, ho visto i loro inguardabili film, ho imparato i loro giochi demenziali. Sono riuscita a ridere delle cose di cui ridono loro. E a farli ridere. Con loro ho fatto la guerra di cuscini sul lettone, varie gare di sputi, ho ballato le loro canzoni trash, ho trascorso pomeriggi di videogiochi, ho tifato al bordo di un campo da calcio pieno di fango e gambe ad archetto, ho discusso di alieni, di pneumatici, di zombie e di orchi. Ho anche raccolto vermi, scarafaggi, ragni, girini e altre immonde creature che, prima di frequentare loro – i maschi – consideravo inavvicinabili.
Ho sentito mia zia tarpare il loro pisello-centrismo (“Mamma, guarda che bello il mio pisello!” “Amore, il tuo pisello è esattamente come tutti gli altri piselli del mondo. Non sei l’unico ad averlo”. “Sei sicura di quello che dici?”), ho sedato risse, ho tirato fuori il poliziotto cattivo che alberga in me e che non conoscevo, ho minacciato di fuggire da loro per sempre. 
Ho anche cercato di educarli, di insegnare loro la gentilezza, il rispetto e anche un po’ di galanteria, che non fa mai male.
Insomma, io i maschi li conosco abbastanza. Ne conosco i lati oscuri. Ma anche quelli luminosi, che sono moltissimi e che dobbiamo, anche noi, imparare ad apprezzare.
Come tutte le macchine semplici, i maschi sono di facile manutenzione. E i pezzi di ricambio si trovano al supermercato sotto casa e non sulla luna. Sono facili da gestire, da capire e da accudire. Non hanno retropensieri né fissazioni. Sono piuttosto coerenti e intelligibili. Sanno fare un mucchio di cose parecchio noiose – riparare utensili rotti, cambiare lampadine, smontare e rimontare oggetti – e a volte si divertono pure. Sono spesso lievi, spiritosi, immediati e diretti. Amano sentirsi indispensabili, ritengono di saper fare, solo e soltanto loro, attività alienanti, tipo riempire la lavastoviglie, in modo razionale e inappuntabile, e hanno innocui deliri di onnipotenza. Lasciateli dire e agire, imparate a fare quattro passi indietro e a delegare e loro saranno felici e voi vi risparmierete parecchie seccature. Hanno spalle larghe, solide e accoglienti, su cui ogni tanto appoggiarsi e dormire un po’.
Sono ingenui e facilmente distraibili. Sono anche piuttosto manipolabili, ma spesso stordirli di parole e prenderli per sfinimento è l’arma più potente ed efficace.
Possono essere brillanti, divertenti e arguti.
In dosi modiche, sono un’ottima compagnia.
E poi, ho scoperto con sorpresa, sono accudenti, capaci di affettività, di attenzione e di tenerezza, sin da piccoli. Basta lasciarli andare, consentirgli di camminare da soli, non sostituirsi a loro. Basta non giudicarli, non chiedere loro di essere quello che non sono e non spaventarli. C’è una virilità seducente e buona che dobbiamo imparare a incoraggiare. E c’è una virilità ruvida e proterva che dobbiamo imparare a combattere. Sono bravi tutti a essere maschi. Il difficile è diventare uomini.
Jù.
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