Era nato stanco.
Era sempre stanco.
Si alzava stanco.
Andava al lavoro stanco.
Tornava a casa stanco.
Andava a letto stanco.
Era così stanco che non riusciva a dormire.
Quella mattina seduto in Metropolitana un senso di pesante spossatezza gli aveva riempito la testa. Pensava a come i ricordi l’avevano soprafatto e gli occhi lentamente si chiudono. I ricordi scorrevano nella sua mente come un treno dell’alta velocità. Si abbandonò a uno di quei pisolini che si può godere solo se cullati dal dondolio meccanico di un treno in movimento.
Morì per stanchezza e nessuno se ne accorse.
L’addetto alle pulizie entrò nella carrozza della Metropolitana ferma in deposito e vide quell’uomo minuto seduto comodamente, sembrava dormire con una faccia serena amica dell’universo.
Nella sepoltura “riposava in pace”. Nel fresco silenzio della terra conseguì un sonno profondo e ristoratore.
Russava, russava forte, sembrava che là sotto ci fosse un orso.
Gli altri cari estinti, ospiti del campo santo, disturbati dai bramiti del nato stanco trasalirono dal riposo eterno e si destarono.
Non riuscivano più a prendere sonno, si agitavano, sbuffavano, si giravano ma il sonno si era allontanato.
Non sapevano come fare, ancora non esistevano sonniferi efficaci per i cari estinti.
Ecco che il nato stanco se la dormiva alla grande mentre gli altri erano svegli e stanchi morti.
Il custode del Campo Santo, sbadigliando, si chiedeva come mai fosse così stanco, da non riuscire a dormire la notte.
Scusate, finisco qui … mi sento stanco.