É ancora nel mio armadio, l’unico pezzo d’infanzia che ho portato con me. Oggettivamente è bruttino, gli manca un occhio e se n’è visto incollare uno preso non so dove. Il suo pelo è di un caldo marrone, ha le palme delle zampine di un giallo scuro. Le sue orecchie piccole e morbide sono state veramente tormentate. Il naso, una pallina nera, sta per cadere ma si regge con ostinazione ad uno sputo di vecchia colla. L’accenno di bocca è a forma di goccia rovesciata, di un rosso vivace.
É generoso negli abbracci.
Nascosto sotto i maglioni che non uso mai, spesso tira fuori una zampina per dire che è ancora lì. Allora, vergognandomi immensamente, quando sono sola lo tiro fuori dall’armadio, gli tormento un po’ le orecchie e l’abbraccio. Quando lo ripongo so che è più felice e che mi aspetterà paziente.
Devo dire che è un buon orsetto, un buon amico, un ottimo confidente.
Mi è stato raccontato che l’ho voluto fortemente, non posso ricordare, ero troppo piccola, che l’ho scelto fra tanti altri giocattoli, che è stato amore a prima vista per quel semplice orsetto a dispetto di altri giocattoli nella stessa vetrina molto più vistosi e attraenti. Lo stesso istinto lo sento riaffiorare quando scelgo le persone da accogliere nella mia vita, quelle che non vorrei mai lasciare andare.
Durante i temporali era segretamente nel mio lettino, millantavo così un coraggio che non ho mai avuto. Ha subito parecchi attentati, poverino. Alla nascita di mia sorella ha cominciato a temere per la propria incolumità e non a torto. Non sempre sono stata in grado di difenderlo. Lui è stato molto più protettivo di me.
Francesca S.