Ho dato un passaggio a due giovani.
In macchina, cosa strana, hanno parlato continuamente tra di loro di interiorità e contemplazione, di silenzio e di solitudine, di deserto e di raccoglimento. Pur felice di ascoltare discorsi così congeniali alla mia sensibilità, sono rimasto sorpreso che ancora non mi avessero riconosciuto come loro vescovo. Ho deciso allora di entrare in azione, e ho chiesto a quale parrocchia di Molfetta appartenessero. Mi hanno risposto: “Siamo atei. Frequentiamo a Bari una scuola di Zen, presso un mistico orientale”.
Quando sono scesi dalla macchina, essi hanno ringraziato me, e io, sia pure amaramente, ho ringraziato il Signore che, sulla strada, mi aveva fatto cogliere un altro segno dei tempi.
La constatazione di questo passaggio di proprietà mi ha lasciato triste tutto il giorno.
Ho dovuto incontrare due atei, pensavo, per essere ricondotto a certi grandi valori che noi cristiani stiamo smarrendo. È proprio vero. I nostri tesori ce li confiscano i lontani. Le nostre miniere ce le saccheggiano gli altri. Delle nostre ricchezze fanno bottino gli estranei! I tempi ci impongono di riappropriarci urgentemente della dimensione contemplativa dell’esistenza.
Appartiene alla nostra identità di credenti.
E’ questione di vita o di morte. Non possiamo andare avanti così. Il frastuono ci sommerge.
Le cose ci travolgono. Siamo divenuti aridi come ciottoli di un greto, disseccato dal sole di agosto.
Dobbiamo riservare lunghi spazi di silenzio. Non rimarranno vuoti: Dio li riempirà della sua presenza. Difendiamoci con ferocia dalle aggressioni dissipatrici degli affari. Proteggiamoci dalla tragica overdose di impegni. Concediamo al nostro spirito inquieto i pascoli della preghiera, della contemplazione, dell’abbandono in Dio. Non è solo problema di igiene spirituale. E’, soprattutto, ricerca di un’autenticità che abbiamo smarrito. Torniamo alle sorgenti. O, se volete, torniamo al deserto. E’ la stessa cosa. Ora basta. E’ già notte e voglio pregare anch’io.
In cappella, rivolgerò al Signore questa implorazione: “Lascia che la nuvola della tua grazia si inchini dall’alto sulla mia aridità, come il molle sguardo della madre nel giorno dell’ira paterna”. È una preghiera di Tagore, un poeta dell’India.
Un altro segno dei tempi, che viene da lontano.
Don Tonino
Questa è una delle tante lettere che hanno una profonda morale, ricca di insegnamenti come quelle che ci propone Papa Francesco.
Nonna Grazia e Angelo Bonanomi.