Lo scoppio della Seconda guerra mondiale
Nell’estate del 1934 ci saranno tre tentativi di assassinio di Gandhi che, anche nella seconda metà degli anni trenta, continua ad essere considerato dal governo di Londra l’interlocutore principale col quale negoziare il passaggio dell’India ad un nuovo regime politico. I rapporti con le autorità britanniche tornano ad essere molto tesi durante la Seconda guerra mondiale. Allo scoppio del conflitto (1939) Gandhi, senza consultare i dirigenti del Congresso, offre un appoggio morale non-violento allo sforzo di guerra britannico. I membri del Congresso non consultati si offendono e dimissionano in massa. Gandhi, dopo lunghe discussioni, fa marcia indietro e dichiara che l’India non può partecipare a una guerra il cui scopo sia la libertà della democrazia, se questa viene rifiutata all’India stessa. Sebbene fossero totalmente solidali con le vittime dell’aggressione nazista, Gandhi ed il partito del Congresso dichiarano infatti che l’India avrebbe contribuito alla guerra solo se gli inglesi avessero proposto un piano per riconoscere agli indiani la libertà che ancora era loro negata. Nel 1940 Gandhi lancia un satyagraha individuale nel quale fa conoscere alla nazione il suo discepolo prediletto, Vinoba Bhave, che con Nehru si è impegnato per protestare pubblicamente contro la guerra, venendo spesso incarcerato. Un suo dapprima collaboratore e poi oppositore, Subhas Chandra Bose, si schiera invece apertamente con le potenze dell’Asse in nome della comune lotta anticolonialista globale, creando un governo dell’India Libera con sede a Port Blair e guida l’esercito nazionale indiano e la legione SS “India Libera”.
La risoluzione Quit India
Il governo britannico non cede sul piano dell’indipendenza, ma al contrario agisce per creare una spaccatura tra induisti e musulmani all’interno del movimento politico indipendentista indiano. Come reazione Gandhi intensifica le sue richieste di indipendenza scrivendo il 13 aprile 1942 una risoluzione che richiede ai britannici di lasciare l’India: Quit India. Con questa il Mahatma invita alla ribellione nonviolenta totale. Vengono anche organizzate grandi manifestazioni di protesta.
Per Gandhi e per il partito del Congresso si tratta della rivolta più radicale mai intrapresa: a fronte del più grande movimento per l’indipendenza indiana di tutti i tempi gli inglesi reagiscono con arresti di massa, violenze e repressioni senza precedenti.
Gandhi e Kasturba a l’Ashram di Sevagram, gennaio 1942.
Migliaia di indipendentisti vengono uccisi o feriti dalla polizia, centinaia di migliaia d’altri vengono arrestati. Gandhi precisa che il movimento non si arresterà anche se ci saranno violenze individuali, affermando che l’anarchia ordinata attorno a lui è peggio della vera anarchia. Chiama tutti gli indiani e i membri del Congresso a mantenere la disciplina e l’ahimsa. Gandhi e tutti i dirigenti del Congresso vengono arrestati a Bombay il 9 agosto 1942. Gandhi viene detenuto per due anni nel palazzo dell’Aga Khan a Pune. Qui Gandhi patisce le più grandi disgrazie affettive; dapprima il suo consigliere di 42 anni Mahadev Desai, dopo sei giorni dalla sua detenzione, muore per un arresto cardiaco. Poi sua moglie Kasturba dopo 18 mesi di prigionia, muore per una crisi cardiaca causata da una polmonite.
Nel 1943, mentre è ancora in prigione, Gandhi digiuna per 21 giorni al fine di fare penitenza per le violenze commesse durante l’insurrezione popolare indiana. Il movimento Quit India si è rivelato disastroso. Gandhi viene rilasciato il 6 maggio 1944 per poter essere sottoposto ad un’operazione: è gravemente ammalato di malaria e di dissenteria ed i britannici non vogliono che muoia in prigione rischiando di provocare un sollevamento popolare. Malgrado la violenta repressione abbia portato in India una calma relativa, alla fine del 1943 il movimento Quit India riesce ad ottenere dei risultati: infatti una volta conclusasi la guerra, il nuovo Primo Ministro britannico Clement Attlee (succeduto a Churchill) annuncia che il potere verrà trasferito in mano agli indiani. Gandhi annuncia allora la fine della lotta e circa 100.000 prigionieri politici vengono liberati. Poco tempo dopo il viceré Wavell incarica Jawarhallal Nerhu di formare un governo interinale dell’India indipendente.
La liberazione e la divisione dell’India (1945-1947)
Il Regno Unito, cedendo alle pressioni del movimento anticoloniale, decide di concedere la piena indipendenza alla sua colonia e, il 24 marzo 1947, nomina viceré e governatore generale delle Indie Lord Mountbatten, che riceve il difficile compito di preparare l’indipendenza.
La Lega Musulmana, il secondo maggior partito indiano, era in quel periodo guidata da Mohammad Ali Jinnah: Jinnah era un nazionalista islamico ed era stato il primo, nel 1940, a proporre l’idea di una nazione islamica indiana, il Pakistan. La linea politica della Lega musulmana mirava ad una divisione tra la due principali comunità religiose. A questo punto sia la Lega Musulmana sia il partito del Congresso non vedono altra soluzione che il piano Mountbatten, per evitare una guerra civile tra musulmani e indù. -continua 5