Voto (da uno a dieci): 6
Titolo originale: Shadow Dancer
Nazione: Regno Unito
Anno: 2012
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 100 minuti
Regia: James Marsh
Cast: Clive Owen, Gillian Anderson, Andrea Riseborough, Aidan Gillem, Domhnall Gleeson, Michael McElhatton, Martin McCann, Stuart Graham
Produzione: BBC Films, Element Pictures, UKFS, Unanimous Pictures Distribuzione: Moviemax
Nel prologo iniziale, ambientato negli anni ’70 in una giornata di apparente quiete, la tranquillità di una famiglia viene sconvolta da un fatto di sangue. Il piccolo fratellino di Colette, incaricato di andare ad acquistare delle sigarette per il padre, si ritrova bersaglio di uno scontro a fuoco. Ferito gravemente, muore pochi istanti dopo tra le braccia della madre disperata.
Venti anni più tardi, Colette, divenuta nel frattempo esponente dell’IRA (organizzazione paramilitare erede dell’esercito repubblicano irlandese), ha un figlio da mantenere. Essendo sola, vive in casa con la madre e i due fratelli Gerry e Connor (pure loro militanti nel gruppo).
Un mancato attentato a Londra (e che l’ha vista attiva in prima linea), porta dritto al suo arresto da parte dell’agente Mac dell’MI5 ((l’agenzia del Regno Unito per la sicurezza e lo spionaggio). Nel farle capire che la morte del fratellino, venti anni prima, potrebbe essere stata provocata dall’IRA stessa, alla donna viene chiesto di scegliere tra due possibilità: finire in carcere per 25 anni lasciando il figlio in balia di chissà chi, oppure tornare libera indossando gli abiti della spia per conto dell’MI5. La scelta, per Colette, sarà un vicolo a senso unico: fidarsi di Mac e mettere al sicuro l’esistenza di suo figlio. Rientrata a Belfast la donna collabora con Mac. E lo fa riferendogli le imminenti mosse che i due fratelli Connor e Gerry stanno tramando. Poiché l’attentato, ideato dai familiari, viene sventato, è evidente a tutti il fatto che una spia sta parlando e facendo da traditore. Gli occhi sono puntati su Colette e, inevitabile, ci sarà un interrogatorio alla donna da parte di un investigatore dell’IRA.
Nel frattempo anche presso il quartiere generale di Mac, sembra che qualcosa stia succedendo. I suoi colleghi hanno comportamenti e metodi insoliti e la difesa della talpa Colette pare sia stata inferiore agli accordi. Poiché uno più uno fa due, le perplessità portano dritte all’inevitabile conclusione: sia Mac che Colette sono stati “adoperati” e fanno parte di un piano di ben altre proporzioni.
Doppio gioco, con i suoi panorami di cemento grigio, ferro increspato e i freddi colori tipici delle location irlandesi, punta a non essere il classico thriller. Gioca, piuttosto, nel contesto di un conflitto reale, a livello intimistico e personale, costringendo la protagonista (una gelida ma risoluta e molto forte Andrea Riseborough, vista in Never let me go e W.E. a fianco di Madonna) a tradire tutto ciò in cui crede pur di salvare la vita a suo figlio.
Al suo fianco Bríd Brennan, nella sottile interpretazione della matriarca della famiglia (ha vissuto in prima persona quel periodo storico) che sta cercando di crescere i figli nel bel mezzo di una guerra; i fratelli Connor (Domhnall Gleeson apparso in varie produzioni cinematografiche, tra cui Il Grinta, Anna Karenina ed Harry Potter e i doni della morte) e Gerry (Aiden Gillen, Il Cavaliere oscuro – Il ritorno) ben calati nei personaggi a loro affidati e a loro agio nei rispettivi ruoli.
Nella parte dell’agente dell’MI5 Mac, il regista mette invece Clive Owen (Closer, King Arthur, Sin City) la cui interpretazione è più votata ad un personaggio autoritario e che porta in superficie i suoi conflitti interiori che non all’azione vera e propria. Personaggi tutti in mano ad un cineasta singolare come il Premio Oscar James Marsh e dal passato di documentarista (Man on Wire, Project Nim, Wisconsin Death Trip). Un’esperienza, la sua, che, grazie ad una sensibilità molto radicata, gli garantisce di sviluppare vicende piene di momenti di riflessione e di catturare l’essenza di qualcosa di reale. Girato a Dublino ed ambientato negli anni Novanta (tra la fine dei conflitti e l’inizio del processo di pace), Doppio gioco si basa sul libro dello scrittore Tom Bradby (giornalista che è stato pure corrispondente politico dall’Irlanda e caporedattore per questioni relative a servizi segreti e terrorismo) e dal quale Marsh depura i condizionamenti politici, concentrandosi per di più sul genere (thriller) e sui personaggi, lasciando la politica sullo sfondo della vicenda. Una vicenda che, esaltando la contrapposizione fra il thriller e la storia familiare e pur non macchiandosi di cadute di tono, ha qualche limite nella frettolosità e scarso approfondimento di certi passaggi che risultano un po’ sbrigativi (la sequenza introduttiva per giustificare l’appartenenza all’IRA, quella finale dalla conclusione un po’ troppo repentina, qualche passaggio frettoloso nella descrizione di alcuni protagonisti).
Piergiorgio Ravasio