Avevo, da tempo, in animo di condividere con voi questa storia; storia per cui temevo di non saper trovare le parole giuste. Ma questo timore, che, sono sincero, ancora vive in me, non può e non deve vincere nei confronti di quel sussulto d’indignazione che ho provato nel percepire le immagini e i suoni di quel che è successo a Lampedusa lo scorso 3 ottobre.
Ho partecipato, nel luglio scorso, ad un campo estivo promosso da Amnesty International proprio a Lampedusa, un minuscolo lembo di terra alle porte d’Europa.
In quell’occasione, insieme ad una settantina di partecipanti provenienti da tutta Italia, abbiamo avuto occasione di conoscere le tre grandi realtà che simbolicamente possono rappresentare il senso e l’identità della piccola isola: l’ambiente, gli abitanti ed i “passanti”.
Appartenente all’arcipelago delle pelagie, Lampedusa è, infatti, considerata una delle realtà ambientali più importanti d’Italia: l’isolotto dei conigli, la cui spiaggia è considerata, nella valutazione 2013 del sito TripAdvisor, la più bella al mondo e la “Riserva Naturale” istituita nel 1996 al fine di preservare l’habitat naturale delle diverse rare specie animali e vegetali presenti sull’isola sono solo alcune delle attrazioni ambientali che l’isola offre.
Una meta, dunque, squisitamente turistica e che per questo e solo per questo dovrebbe poter far riecheggiare il proprio nome in giro per il mondo. Ma, come sappiamo, purtroppo non è così.
Ed è qui che si inizia a comprendere le componenti più “umane” riferite al piccolo lembo di terra del Mediterraneo: gli abitanti e quelli che, poco fa, ho definito “passanti”. Due realtà “umane”, appunto, che si potrebbero quasi confondere tra loro ma che è bene distinguere e, anzi, comprendere nelle innumerevoli variazioni di genere di tali realtà sono composte: turisti, abitanti, visitatori, migrati, rifugiati, attivisti, amici, nemici. Tutti uomini, tutte donne, tutti bambini. Tutti, ma con coscienze e speranze spesso troppo abissalmente distanti tra loro. Sono arrivato a Lampedusa quasi incosciente di quel mi avrebbe aspettato nei successivi sette giorni; giorni che invece mi hanno profondamente segnato. Abbiamo, come facilmente immaginabile, cominciato il percorso con un approfondimento di conoscenza su cosa sia Amnesty International e su quali siano i suoi obiettivi legati all’immigrazione e, nello specifico, a Lampedusa. Abbiamo avuto, così, modo di conoscere persone e storie d’intenso significato: solo per citarne alcuni, Alessandra Ballerini, avvocato che dedica, ormai da anni, la sua intera vita e la sua professione a tutela legale di coloro che, spinti da speranze di un possibile domani, approdano sull’isola; Fabrizio Gatti, giornalista de “L’Espresso” che, fingendosi africano ha attraversato il Sahara sui camion e si è fatto arrestare come immigrato clandestino per raccontare, in un libro poi pubblicato da Rizzoli, gli atti eroici e le tragedie che accompagnano i protagonisti di una conquista incompiuta nel mercato dei “nuovi schiavi”; Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International che si impegna, da anni, nell’analisi della comunicazione mediatica nell’ambito dei diritti umani, smontando, parola per parola, alcuni infondati luoghi comuni diffusi, volenti o nolenti, dai mass-media; l’Associazione “Colors Revolution” che affronta il tema dei diritti umani a Lampedusa attraverso immagini e colori; Lorenzo Terranera, artista e vignettista, che ha saputo portare arte e simbolismo nella lotta di dignità che, oggi più che mai, coinvolge la parte più estrema dell’Europa.
Ecco, sono conscio che i nomi da fare in questo elenco sarebbero davvero molti di più, ma proprio su Lorenzo Terranera vorrei soffermarmi. Sì, perché è con lui che su quell’isola, nella seconda metà della settimana di campo, ci siamo improvvisati artisti: tra qualche risata e molte riflessioni abbiamo disegnato, su di un muro, delle candele. Delle candele per ringraziare, delle candele per accogliere, delle candele per sperare. E anche, ahinoi, per coloro che si sono dovuti arrendere al mare. Mai, in quel momento, avremmo potuto pensare che quelle stesse candele avrebbero dovuto, poche settimane dopo, dare il “benvenuto” a tante, troppe aspirazioni di dignità stroncate da una comune responsabilità di cui tutti, oggi, dobbiamo sentire il peso.
E’ questo (e guai se non lo fosse), il momento di silenzio, preghiera e riflessione.
Ma non sia (come troppo spesso è accaduto) anche l’alibi per domani tornare a dimenticare. Con l’augurio che quelle vite spezzate non siano finite invano, con il desiderio che siano, anzi, lo stimolo per una maggior azione collettiva nella prospettiva di un mondo almeno un poco più dignitoso, mi sento di chiedere, a tutti, di guardarsi, una volta per tutte, allo specchio.
Giorgio M.
COSA E’ AMNESTY INTERNATIONAL E COSA FA IN TEMA DI IMMIGRAZIONE?
Amnesty International è un’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani. Lo scopo di Amnesty International è quello di promuovere, in maniera indipendente e imparziale, il rispetto dei diritti umani sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani e quello di prevenirne specifici abusi.Fondata il 28 maggio 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson, l’organizzazione conta oggi oltre due milioni di sostenitori, che risiedono in più di 150 nazioni. Il suo simbolo è una candela nel filo spinato. Ogni anno migliaia di persone muoiono nel tentativo di raggiungere un altro paese e, tra coloro che arrivano a destinazione, in molti incontrano abusi alla frontiera o all’interno del territorio, tra cui la detenzione arbitraria, le espulsioni collettive, la discriminazione, il razzismo e la xenofobia. I richiedenti asilo e i rifugiati vanno spesso incontro al rischio di un rinvio verso il paese dove sono perseguitati, in violazione del principio di non-refoulement. I migranti, in particolare se senza documenti per il soggiorno, vengono non di rado descritti dai politici e dai mezzi di comunicazione come criminali, pesi economici o minacce per la sicurezza: la realtà è che molte economie dipendono dalla loro forza lavoro, scarsamente riconosciuta, poco apprezzata e spesso sottovalutata.
Molteplici norme internazionali proteggono i diritti umani di migranti e rifugiati ma i governi si rifiutano di metterle in pratica attraverso misure concrete. Amnesty International ritiene essenziale l’impegno per far sì che ai diritti umani e alla dignità dei migranti e dei rifugiati venga tributato il dovuto rispetto. www.amnesty.it