Caro Direttore, si paventa spesso la catastrofe del fallimento dello Stato e la tragedia della cancellazione del debito, come avvenuto in Argentina. Ma io mi chiedo: sarebbe una tragedia per i cittadini italiani, o solo per gli investitori che hanno finanziato il debito? Proviamo a considerarne le conseguenze. Metà del debito italiano è detenuto da investitori esteri, per cui i cittadini italiani non ne risentirebbero minimamente. L’altra metà è in mano a banche e a privati. I privati che hanno comprato titoli di stato, lo hanno fatto solo perché guadagnano più di quanto non riescono a spendere, e quindi i loro tenori di vita non ne risentirebbe. Altra cosa sono le banche che sono state costrette ad acquistare titoli di Stato e lo hanno fatto usando i depositi dei cittadini, che in ogni caso vanno onorati, perché prestiti alla Banca, non allo Stato. Per evitare il fallimento delle banche e il disastro economico che ne deriverebbe, basterebbe tornare alla Lira e stampare cartamoneta da prestare alle banche, perché tutto continui a funzionare come prima. Questi prestiti sarebbero compensati da una comproprietà dello Stato con le banche in proporzione al fabbisogno e lo Stato, senza spendere nulla, diventerebbe proprietario di una quota delle banche. Inoltre, questa immissione di cartamoneta non creerebbe inflazione dal momento che sostituirebbe un valore solo potenziale, che non potrebbe mai essere restituito. Non solo, ma le banche, non più costrette ad acquistare titoli, potrebbero finalmente finanziare le imprese. Con questa operazione si attuerebbe anche l’obiettivo morale del pareggio obbligato di bilancio, poiché nessuno presterebbe più una lira ad uno stato fallito, innescando il circolo virtuoso citato dalla costituzione, secondo cui la pubblica amministrazione non può spendere i soldi che non ha. Tutta questa operazione di risanamento sarebbe pagata dagli investitori stranieri, dalle banche e dagli italiani ricchi, a favore dei poveri. Con il risparmio poi di cento miliardi all’anno di interessi, si potrebbero abbassare le tasse, rendere più competitiva la nostra economia e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro. Si tratta di cento miliardi di euro all’anno tolti ai ricchi a favore dei poveri e di restituire il mal tolto a chi è stato indebitamente rubato. Tutto questo sarebbe giusto e auspicabile se a decidere fossero i cittadini italiani, purtroppo però, le regole vengono decise dalla casta dei privilegiati, che dopo aver determinato il debito pubblico a forza di ruberie e intollerabili privilegi, che ora difendono a denti-stretti, pretendendone la solvibilità. E’ per questo che hanno aumentato le tasse, strozzato l’economia e creato nuovi disoccupati, tanto loro, non hanno rinunciato a nessuno dei loro privilegi. Purtroppo l’Italia è in mano a questa gente, la cui credibilità internazionale è legata al fatto che gli investitori esteri vogliono garantirsi la solvibilità dei loro crediti. E l’unico modo che hanno i giovani di non pagare i debiti fatti dai loro padri, è quello di emigrare all’estero.
Facchi Angelo