Vuoi essere avvisato in anticipo dell’organizzazione di eventi, manifestazioni, rassegne, anteprime cinematografiche e film in programma nella tua zona? Manda un email a: piergiorgio.ravasio@email.it David e Mia si incontrano, si conoscono e si frequentano in uno degli angoli più belli del paradiso australiano. Neanche il tempo del minimo fidanzamento (la curiosità circa la durata del loro matrimonio, si spera, non venga demandata ad un futuro sequel) e la data delle nozze è fissata. La vigilia del lieto evento David prende l’aereo per raggiungere il luogo del fatidico sì. Essendo orfano, si fa accompagnare dai suoi tre amici del cuore (Tom, Luke e Graham) che, per lui, costituiscono la sua famiglia. Inutile dire che trattasi di una brigata di pochi di buono, dediti all’alcool e alle sostanze stupefacenti e sempre pronti a cacciarsi nelle situazioni più imbarazzanti e impensabili. Situazioni che, a dir poco, sconvolgeranno il futuro suocero di David: un Senatore (che sta per passare il testimone all’amata figlia) e che vive in una lussuosa ed estesa tenuta in quella zona. Assieme a lui dimora anche un ariete, adorato e riverito come una divinità, in quanto ritenuto l’artefice del suo successo. Il giorno più bello della vita sarà davvero il loro giorno più indimenticabile. Ma non come pensavano i novelli sposi. Presentato Fuori Concorso all’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma, “Tre uomini e una pecora” centra pienamente il suo scopo nel sottotitolo della pellicola: “Un matrimonio da incubo”. Perché proprio di quello si tratta: l’incubo della rocambolesca preparzione di un matrimonio, di quei disastrosi preparativi, di quelle inevitabili situazioni che relegano la pellicola a livello di qualcosa di poco godibile (e vedibile). E pensare che il regista (Stephan Elliott) è da sempre un pioniere dei filmini da matrimonio (“Durante l’adolescenza avevo un mio piccolo business parallelo che consisteva nel fare riprese ai matrimoni. Un centinaio fra i 13 e i 18 anni”). Ma è anche l’autore di quel viaggio di dodici giorni nel Sud della Francia (durante il quale mette in cantiere la memorabile pellicola “Priscilla, la regina del deserto”, uno dei film australiani di maggiore successo di tutti i tempi) e del più recente “The eye – Lo sguardo” (film che detiene il record del più basso incasso ai botteghini americani alla sua uscita). Prendi in prestito da “Twilight” uno sposo belloccio, mettigli accanto la futura consorte, tre amici fuori di testa, uno spacciatore solitario, la sorella della sposa, il padre di lei coniugato con una Olivia Newton-John cocainomane nonché ubriaca e condisci il tutto con un animale poco domestico come un ariete. Pessima fotocopia del meglio riuscito “Una notte da leoni”, sopportabile dal solo pubblico adolescenziale, il film si risolve in un mosaico di presunte situazioni comiche (a parte due o tre scene divertenti) che vanno a comporre la solita commediola annunciata e senza genuinità. Dopo avere contemplato così intensamente le gemme sapienziali di questo film e nel trambusto generale che concilia lo sbadiglio, non ci resta che un meritato riposo notturno.