La vita non è né brutta né bella, ma è originale… A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure. Zeno Cosini ha deciso: non fumerò più. Per raggiungere lo scopo, si affida all’emergente nuova scienza, la psicoanalisi. La ricetta è presto data: appuntare sulla carta gli episodi salienti della propria esistenza, a partire dalla penosa morte del padre, per proseguire con la gelosia nei confronti dell’amico, col matrimonio malriuscito, il suicidio dell’amico, una stanca relazione extraconiugale e così via. È facile capire che a questo punto più che guarire dal vizio del fumo, Zeno detesta il vizio di vivere. Sì, la vita è una malattia inguaribile. Originale, certo, ma insopportabile: sarà forse un’esplosione nucleare – vagheggiata nel finale della storia – a generare una diversa umanità? Abbiamo proposto la trama di uno dei più significativi romanzi del Novecento, La coscienza di Zeno (1923), di Italo Svevo, per un invito un po’ particolare. Proviamo, in un piccolo spazio di silenzio ritagliato nella giornata domenicale, a interrogarci sulla nostra concezione della vita. Certo, quello offerto da Svevo è un folgorante ritratto della visione dominante anche (e soprattutto) ai nostri giorni. Molti trascinano la loro esistenza, facendone sgocciolare ore e giorni nella convinzione che essi non portino con sé un significato. Ci si aggrappa, allora, a qualche piacere, a un sorso di ebbrezza, a stravaganze che eccitino la monotonia. Eppure, se è vero che la vita terrena è mortale, con buona pace delle fanfaluche di chi la immagina sempiterna col progresso della medicina, è però altrettanto vero che essa è «originale». Ognuno ha la «sua» vita e può edificarla in modo creativo e fruttuoso, raccogliendo il motto di un grande della cultura occidentale, Montaigne: «Il mio mestiere e la mia arte è vivere». Nonna Grazia da Andria (Ba)