Il 15 gennaio 1919 l’esplosione di un gigantesco serbatoio di melassa in centro a Boston uccise 21 persone e devastò un quartiere intero. Forse, bisogna tornare qualche secolo indietro per spiegare cosa ci facesse a Boston, capitale del Massachusetts, un recipiente per melassa da due milioni e mezzo di galloni (circa nove milioni e mezzo di litri). Una delle industrie più fertili del New England è sempre stata quella della distilleria. Il rum, l’alcolico introdotto dagli inglesi per “sciogliere” gli indiani durante le trattative più complicate, divenne ben presto un prodotto molto diffuso. Osannato e bistrattato allo stesso tempo. Ci furono leggi che ne impedirono il consumo, altre che regolarono l’importazione del suo ingrediente principale. La Melassa, appunto. Ma andiamo ancora un po’ indietro nel tempo. Cosa rendeva la melassa un ingrediente così importante da doverne fare oggetto di leggi e dissertazioni? La storia parla chiaro.
Sin dal 1600 la produzione di zucchero nell’America tropicale e subtropicale alimentava l’industria più diffusa e lucrativa del mondo. Il cosiddetto “Triangular Trade” fu una delle realtà commerciali più vitali del New England fino a tutto il XVIII secolo. Ma come funzionava? Lo zucchero e la melassa provenienti dai Caraibi arrivavano a Boston per essere trasformati in rum. Il liquore era poi portato in Africa e venduto in cambio di schiavi. Questi venivano condotti nei Caraibi e costretti a lavorare, in condizioni disumane, alle piantagioni di canna da zucchero. I prodotti del loro lavoro tornavano a Boston per essere trasformati in rum e così via in un ciclo continuo che durò secoli alimentando l’economia non solo dei paesi coinvolti ma anche della madrepatria e di altre nazioni europee. Il rum prodotto a Boston veniva infatti venduto anche in Spagna e Francia. I proventi di questi commerci servivano per comprare merci Inglesi.
Fu così per decenni e decenni, anche dopo la messa al bando della schiavitù e l’inevitabile conseguente collasso del modello “triangolare”, Boston continuò a importare zucchero e melassa in grandi quantità per produrre rum che restava uno dei prodotti principali dell’economia del New England. Ed ecco cosa ci faceva nel 1919 un enorme recipiente dal dolcissimo contenuto nel bel mezzo della città. Era stato costruito nel 1915 dalla Purity Distilling Company per conservare le spedizioni di melassa caraibica che doveva essere distillata in rum e alcool industriale. La produzione di quest’ultimo aveva registrato un notevole incremento a causa della guerra in corso: l’alcool industriale veniva infatti utilizzato nella produzione di munizioni.
L’area di Boston dove si trovava il serbatoioSituato nella zona del molo vicino alla Commercial Street, l’impianto era composto da una stazione di pompaggio e un serbatoio di metallo che a pieno carico poteva contenere fino a due milioni e mezzo di galloni di liquido. Un cilindro alto 50 piedi e con una circonferenza di ben 280. Un mostro di metallo che i residenti del luogo guardavano con timore e circospezione. A ogni nuovo carico la struttura tremava e gorgogliava mentre litri e litri di scura melassa filtravano attraverso le giunture di metallo colando al suolo in rivoli appiccicosi. Ecco, questa era la situazione ma, in effetti, resta ancora un dubbio. La melassa cos’è?
E’ un liquido bruno che si separa dallo zucchero per centrifugazione, una sostanza sciropposa che non cristallizza, risultato della lavorazione della canna da zucchero. Per estrarre la dolcissima polvere si priva la canna delle foglie e la si taglia in pezzi che vengono poi schiacciati e pressati per farne uscire il succo, questo viene poi portato a ebollizione affinché lo zucchero si cristallizzi e si separi dal resto del composto. Ciò che non cristallizza è appunto la melassa, un liquido nero e molto denso. Così denso che esiste nel New England il modo di dire “slow as molasses”, anzi a dirla tutta “slow as molasses in january” perché più la temperatura è rigida più la melassa diventa solida e vischiosa. Alla luce di ciò, quello che andiamo a raccontare appare ancora più bizzarro. Una storia che ha come protagonista la melassa e si è verificata proprio a gennaio. Il 15 gennaio 1919, era una giornata insolitamente mite per Boston in quella stagione. La temperatura era rapidamente passata in pochi giorni da sotto zero a cinque gradi. Decine di persone si godevano quel “tepore” dai loro locali su Commercial Street, o facendo due passi per il molo. Non sapevano che quella sarebbe stata la loro ultima passeggiata. Poco dopo mezzogiorno un rumore assordante risuonò per tutto il North End accompagnato da una serie di rapidi schiocchi metallici simili a spari di mitragliatrice. Il serbatoio esplose sotto la pressione del liquido – circa due tonnellate per metro quadrato – causando dapprima un geyser di scura melassa per aria e collassando poi sotto la grande onda marrone – quattordici tonnellate per otto metri d’altezza. L’onda densa schiacciò tutto ciò che trovò sul suo passaggio muovendosi a più di trentacinque miglia l’ora (alla faccia della lentezza!). Percorse tutta Commercial Street per schiantarsi contro il muro di pietra bianca di Copp’s Hill invadendo le cantine dei palazzi e agendo come un punteruolo che man mano che si allontanava li sollevava trascinandoli via con tutte le fondamenta.L’area fu ridotta a un inferno di rottami e macerie. Legno, ferro, cemento. La forza disumana di quell’inondazione fece tutto a brandelli che vennero trascinati verso le rive del fiume Charles. Quando i soccorritori arrivarono sul posto, si ritrovarono in uno scenario quasi surreale. Una spessa e vorticosa piscina di melassa profonda tre piedi si estendeva davanti a loro per circa 350 metri quadrati. La zona era piena di detriti di ogni sorta. In mezzo alle macerie e in ogni direzione si vedevano le forme scure di uomini e cavalli che lottavano per liberarsi dallo spesso e vischioso abbraccio di quella melma mortale (fa un po’ blob vero?). Un gruppo di soccorritori provò a guadare quella “palude” sprofondando fino alla vita nella melassa per salvare i sopravvissuti. Ma per molti di loro non ci fu alcuno scampo. Il bilancio del disastro fu di 21 vittime e più di 150 feriti. Oltre agli ingenti danni strutturali per quasi un milione di dollari che la Purity Distilling Company fu costretta a pagare. Le cause del collasso del recipiente infatti furono totalmente addebitate all’impresa che lo gestiva. L’impianto era stato costruito male e i test di collaudo mai effettuati. Ci vollero settimane per risanare la zona, e il lavoro incessante di vigili, volontari e dei loro idranti. La zona fu illuminata con grandi fari perché i lavori potessero procedere giorno e notte senza interruzioni. Era uno spettacolo così straordinario che centinaia di persone venivano ogni giorno ad ammirare le operazioni di sgombero. Pompe e sifoni furono in azione per settimane per liberare la zona da quella marea nera. A distanza di quasi un secolo, di quella “dolcissima” tragedia non resta che una piccola targa commemorativa, mentre l’area dell’esplosione è diventata sede di un campo da baseball di proprietà comunale. Ma una leggenda metropolitana molto diffusa a Boston vuole che ancora oggi nelle giornate più calde, passeggiando intorno a Commercial Street si possa sentire un intenso odore di melassa salire dalla strada.
Fonti: Ray Burke, The Bee, the Reed, the Root. The History of Sugar (Sugar Conference Presentation, 1997) Ballard C. Campbell, Disasters, accidents, and crises in American history (Infobase Print, 2008) Anthony Mitchell Sammarco, Il North End Di Boston (Arcadia Publishing, 2001) Gavin R. Nathan, Historic Taverns Of Boston (iUniverse, Lincoln NE, 2006) Arthur G. Neal, Ordinary reactions to extraordinary events (Bowling Green State University Popular Press, 2001) William J. Pepe, Elaine A. Pepe, Boston (Arcadia Publishing, 2009) Christopher VaseyChristopher Vasey, Complementi alimentari naturali (Urra-Apogeo, 2006)